Sono ben altre le bandiere che vorremmo veder sventolare

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“L’Assemblea capitolina ha approvato all’unanimità una mozione con la quale impegna il sindaco ad esporre sulla Piazza del Campidoglio, dal 9 al 15 gennaio, la bandiera con i colori dell’arcobaleno. L’iniziativa fu lanciata dopo il suicidio, nella notte di un giovane che in una lettera parlò di vessazioni a causa del suo orientamento sessuale. Inoltre il 13 gennaio 2014 si terrà in comune un consiglio straordinario per trattare il tema dell’omofobia.” Così le agenzie di stampa.

Diventa sempre più difficile ragionare con calma su un argomento così delicato come l’omosessualità e la sua approvazione sociale, con le sue implicazioni di carattere psicologico, culturale, antropologico, fare le dovute distinzioni in merito tra la dimensione privata e quella pubblica, rintracciarne cause ed effetti senza pregiudizi di parte, di fronte ad una onda in piena che tende a travolgerci tutti, omosessuali in primis. E’ molto triste constatare che si cerca di approfittare di qualsiasi occasione, anche la più dolorosa come quella di un ragazzo che si è tolto la vita, per forzare la mano alla comunità e imporre passaggi da cui far discendere poi conclusioni che a bocce ferme rischierebbero di non riscuotere il consenso necessario. Ci riferiamo qui al disegno che prevede, in sequenza, una legge contro l’omofobia, una sui “cosiddetti” matrimoni gay, e un’altra sulle adozioni delle coppie omosessuali, che pur non essendo state argomento di campagna elettorale né a livello nazionale né tantomeno comunale, stanno però diventando obiettivi centrali dell’azione politica. E’ per l’appunto con questa prospettiva, che, nello specifico, a Roma si tenta e tenterà di far passare l’idea, con iniziative come questa della “bandiera rainbow”, che la città sia omofoba e che come tale le vittime della presunta persecuzione necessitino di una tutela specifica, come se l’attuale ordinamento giuridico fosse manchevole da questo punto di vista e debba essere integrato da “leggi speciali”. Al contempo si vuoleingenerare una sorta di senso di colpa collettivo “a prescindere”, per metter in soggezione i possibili contestatori e poter così chiudere tutte le bocche e permettersi le mani libere su qualsiasi tipo di provvedimento. La domanda che pertanto dovremmo porci tutti è se ciò che sta avvenendo sia davvero un processo spontaneo o piuttostovenga diretto ad arte per i fini di quelli che si configurano come gruppi di potere trasversali e transnazionali che coi i drammi veri delle persone hanno ben poco a che vedere, fatta eccezione per le speculazioni e le strumentalizzazioni gestite al momento giusto. Sono ben altre le bandiere che vorremmo veder sventolare sui pennoni dei nostri comuni, in rappresentanza di istanze reali e non artatamente costruite e lo diciamo con il dovuto profondo rispetto di tutti quelli che soffrono vere forme di discriminazione.

Per la libertà di opinione.