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LA MANIF POUR TOUS ITALIA AL SENATO: NO AL REATO DI “OPINIONE OMOFOBICA” E AL “MATRIMONIO-BIS”

 

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La Manif Pour Tous Italia ha tenuto oggi una conferenza stampa al Senato per denunciare i gravi profili di pericolosità dei disegni di legge sull’omofobia e sulle unioni civili. Tali profili sono stati ampiamente descritti e motivati dagli avvocati Gianfranco Amato,presidente dei Giuristi per la vita e Simone Pillon, consigliere nazionale del Forum delle Associazioni Familiari. Ha introdotto Filippo Savarese, portavoce de La Manif.

 A seguire un flash-mob in Piazza delleCinque Lune dove più di 200 cittadini, simbolicamente, sono stati messi a tacere ed imbavagliati con fazzoletti arcobaleno quando dichiarano che ogni bambino ha diritto di avere una mamma ed un papà: immagine chiara di quel che sta accadendo in Italia e in altri stati nella “caccia all’omofobo”.

-       Il “d.d.l.  Omofobia” è uno strumento ideologico che usa la legge penale per intimorire e mettere a tacere chiunque non condivida le battaglie politiche del movimento gay: matrimonio e filiazione per tutti, a prescindere dalla fondamentale diversità sessuale della coppia. Si tratta di un vero e proprio reato di “opinione omofobica”.

-       Il “d.d.l. Unioni Civili” prevede un vero e proprio matrimonio-bis riservato a persone dello stesso sesso. Si mina alla radice il sistema sociale incentrato sulla famiglia quale unione tra un uomo e unadonna, unica relazione aperta all’accoglienza di nuova vita ed in quanto tale, cellula privilegiata dalla stessa Costituzione per il bene comune.

La Manif Pour Tous Italia si schiera senza dubbi contro ogni forma di violenza e discriminazione e a favore del riconoscimento dei diritti spettanti a ciascuno, ma senza compromettere la libertà di espressione e senza confondere la realtà di una convivenza con l’identità della famiglia, la natura del matrimonio e i diritti dei bambini.

                                                                                                                    La Manif Pour Tous Italia

 

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 press@lamanifpourtous.it                 Tel. 3391821262

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SONDAGGIO IPSOS: SULLE “UNIONI CIVILI” GLI ITALIANI HANNO IDEE CHIARE ED EQUE

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Il recente sondaggio con cui l’istituto IPSOS ha rilevato gli umori dei cittadini italiani circa i diritti da riconoscere a coppie di conviventi omosessuali, o comunque dello stesso sesso, porta un contributo significativo al dibattito parlamentare e sociale sulle “unioni civili”.

Il 78% degli intervistati si dichiara a favore di interventi che facilitino la gestione di specifici rapporti privatistici come la trasmissione dell’eredità e l’assistenza per motivi di salute, ma il 60% ritiene che per questo scopo non sia dovuta l’estensione del regime matrimoniale, che deve continuare a riconoscere la famiglia in quanto unione tra un uomo e una donna. Una netta differenziazione, dunque, tra interventi di diritto privato tra individui e la rilevanza pubblicistica del matrimonio con cui si riconosce una famiglia.

L’opinione di maggioranza è peraltro pienamente conforme al dettato costituzionale, così come richiamato dalla Consulta, che riconosce una diversa configurazione dei diritti dell’uomo nelle formazioni sociali – come le convivenze – ove si svolge la sua personalità (art. 2), e gli specifici diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (art. 29).

Chi si esprime contro l’abbandono del matrimonio tradizionale non è però contrario ad un’equa armonizzazione legislativa a favore delle coppie di conviventi omosessuali, o comunque dello stesso sesso: ciò dimostra che alla radice di questa opinione non c’è, come alcuni vorrebbero far credere, ostilità o pregiudizi nei confronti dell’omosessualità o delle persone omosessuali, ma una precisa e positiva consapevolezza antropologica circa l’identità ineguagliabile della famiglia e del matrimonio con cui la si riconosce. Insomma, l’ennesimo colpo alla farsa mediatica dell’emergenza “omofobia”, con cui vorrebbero intimidire decine di milioni di italiani e colpevolizzare idee giuste e totalmente innocue.

Il dato del 71% di italiani contrari alle adozioni di minori da parte di coppie dello stesso sesso dovrebbe aiutare i nostri parlamentari ad escludere categoricamente da qualsiasi intervento legislativo (come la “stepchild-adoption”) la malsana idea di “correggere” per convenienze politiche la necessaria complementarietà con cui solo un uomo e una donna possono essere un padre e una madre: ricchezza nella differenza di cui ogni figlio, ogni essere umano, ha diritto prima che bisogno.

Si noti infine che rispetto ad un sondaggio dell’IPSOS dello scorso gennaio, i contrari al matrimonio tra persone dello stesso sesso sono aumentati dal 49 al 60% e i favorevoli sono scesi dal 41 al 38%.

La Manif Pour Tous Italia

 

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FILIAZIONE e ADOZIONE: verso le procreazioni medicalmente assistite “di convenienza”?

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Nel suo ultimo libro, la giurista Aude Mirkovic, spiega perché può essere pericoloso sconnettere la filiazione dalla generazione. Intervista.

 

Di LAURENCE NEUER per LePoint.fr

Le richieste di adozione di bambini nati attraverso Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) praticate all’estero riempiono i tribunali, al punto che alcuni magistrati hanno sollecitato il parere della Corte di Cassazione. Perché si tratta qui di conciliare l’inconciliabile: da un lato, l’adozione “per tutti” permessa dalla legge del 17 marzo 2013; dall’altra, l’impossibilità per le coppie di donne di accedere alla PMA, riservata alle sole coppie eterosessuali che soffrano in particolare di un problema di infertilità. “Noi chiediamo l’apertura della PMA a tutte le donne. (…) Noi chiediamo l’uguaglianza tra coppie omosessuali ed eterosessuali per l’accertamento della filiazione dei loro bambini. Noi chiediamo che (…) cessino immediatamente le discriminazioni di cui sono vittime i bambini cresciuti nelle famiglie omoparentali”, rivendicano le “343 donne Fuorilegge” nel loro “manifesto”. Insomma, il percorso di guerra è cominciato.

Uguaglianza di diritti, non-discriminazione dei bambini nati in famiglie omoparentali, adozione per tutti: l’arma delle parole farà vincere la battaglia dei diritti? La giurista Aude Mirkovic, professoressa associata di diritto privato, autrice di “PMA, GPA, la controversia giuridica”, dimostra che dietro le buone intenzioni si profilano dei veri “drammi” umani. Le Point.fr l’ha intervistata.

Le Point.fr: Pensa che l’azione delle “343 Fuorilegge” contribuisca a far pressione sul legislatore e il giudice perché sia riconosciuto uno status a questi bambini nati per mezzo di PMA e GPA (Gestazione Per Altri/Utero in affitto/ndr) che cresceranno in Francia?

Aude Mirkovic: Ma questi bambini hanno già uno status! Hanno una madre, colei che li ha messi al mondo. Purtroppo per loro, non conoscono il padre, che è un donatore anonimo. Ciò non vuol dire che siano senza “status”. 343 Fuorilegge, corrispondono a 343 bambini privati del padre, non vedo la ragione per cui far pressione sul legislatore! 343 donne possono comunque vantarsi di essersi fatte inseminare in Belgio per avere un figlio senza padre, e io non vedo niente qui che favorisca l’interesse del bambino. Queste donne hanno certamente le migliori intenzioni, e l’amore che hanno verso i figli non viene messo in discussione. Ma se ci si mette dal lato del bambino, quest’amore è molto ambiguo: “Vogliamo amarti così tanto che cominciamo col privarti di tuo padre, per tenerti solo per noi stesse”. È ingiusto privare deliberatamente un figlio del padre. Lo si potrà successivamente ricoprire di coccole e regali, che tuttavia non potranno rimpiazzare il padre che non avrà mai.

Lei indica anche nel suo libro che il fatto di aprire la PMA alle coppie di donne condurrebbe inevitabilmente all’apertura ai pensionati, alle vedove…

A.M. Oggi, nel diritto francese, la PMA mira a rimediare ad una infertilità patologica: per avervi accesso, è necessario essere un uomo e una donna, vivi e in età procreativa, affetti da un’infertilità diagnosticata medicalmente. Ora, l’incapacità a procreare di persone troppo anziane o di coppie dello stesso sesso, non ha niente di patologico e non ha alcuna vocazione ad esser presa in carico dalla medicina. In particolare, una donna sposata con un’altra donna non è sterile. È la sua relazione omosessuale ad esserlo. Se si accetta che questa donna sia inseminata da un donatore, si abbandona il criterio terapeutico della PMA. E allora tutti coloro che lo desiderano dovranno avervi accesso: donne celibi, donne in menopausa, vedove, ivi comprese del resto le coppie uomo-donna fertili. La società deve quindi domandarsi fino a che punto vogliamo spingerci con la tecnica: compensare un’infertilità medica o passare alla PMA di convenienza?

Si invoca specialmente “l’interesse del bambino” per giustificare l’allineamento dei diritti di tutti i bambini, qualunque sia il modo di concepimento. Ora, secondo lei, è altrove che si colloca il vero “interesse del bambino”, precisamente nel fatto stesso della sua nascita: cancellando l’ascendenza biologica del bambino (attraverso una PMA o una GPA), andremmo contro il suo “interesse” a nascere?

A.M. Esattamente. La Convezione di New York sui Diritti del Fanciullo dice che il bambino ha il diritto, nella misura del possibile, di conoscere i suoi genitori e di essere cresciuto da questi ultimi. Concepire un bambino di un donatore anonimo cosicché non abbia un padre attenta a questo diritto elementare di ogni bambino. E le stesse persone che lo privano di un padre invocano poi il suo interesse per chiederne l’adozione. Ora, fabbricare un bambino già in stato di adottabilità è una grave ingiustizia. E’ un grave attentato al diritto del bambino, che i giudici non saprebbero garantire pronunciando l’adozione richiesta. L’adozione è un istituto che pone rimedio. Non priva il bambino di nulla, pone rimedio a ciò che il bambino ha perduto, vale a dire uno dei suoi genitori o entrambi, affidandolo a genitori adottivi. Al contrario, la PMA per le donne priva deliberatamente il bambino del padre.

Infine, come vede il futuro della famiglia e del diritto della filiazione?

A.M. La famiglia e il diritto della filiazione hanno bisogno di ritrovare il contatto con la realtà e, in questo caso, la realtà biologica. Si è voluto fare come se nulla fosse successo e come se la genitorialità dello stesso sesso non cambiasse nulla. Ma è falso. La filiazione indica a ciascuno da dove proviene. Rimanda alla generazione del bambino, più spesso biologica, ma anche simbolica: un certo bambino non proviene biologicamente dai suoi genitori legali, ma si pensa tale, si costruisce come tale. Le stesse persone che pretendono che la biologia non conti nulla, e che conti solo la volontà, l’intenzione di essere genitore, si aggrappano pure allo stesso tempo alla biologia: innanzitutto, quando due donne hanno fatto ricorso all’inseminazione con donatore, quella delle due che è stata inseminata e mette al mondo il bambino si considera veramente come ciò che è, la madre biologica, e per niente al mondo scambierebbe il suo bambino con un altro. Al contrario, per designare la sua compagna come seconda madre, le due donne vogliono credere stavolta che la biologia non conti affatto. Oppure delle coppie di donne cercano di fruire dei gameti dello stesso donatore per creare un legame biologico tra i loro due figli. O ancora una donna dà i propri ovociti alla sua compagna affinché il bambino sia il figlio genetico di una e portato in gestazione dall’altra.

Il risultato è che il bambino si trova al cuore di bricolages procreativi per volontà di adulti che hanno deciso tra di loro come spartirsi il bambino tra donatori, genitori biologici o genitori d’intenzione. La vita si incarica abbastanza spesso di privare i bambini di uno o di entrambi i genitori, non è compito della legge pianificare un tale dramma!

FONTE: http://www.lepoint.fr/chroniqueurs-du-point/laurence-neuer/filiation-vers-des-pma-de-convenance-21-06-2014-1838414_56.php

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“UNIONI CIVILI”, MANIF POUR TOUS ITALIA: LA FAMIGLIA NON HA UGUALI, NO MATRIMONI-BIS CON ADOZIONI MASCHERATE

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Roma, 17 giugno 2014

La Manif Pour Tous Italia considera il progetto di “unioni civili” proposto dal Partito Democratico e appoggiato dal Presidente Renzi in contrasto con i criteri direttivi presenti nella Costituzione sul rapporto tra il riconoscimento dei “diritti inviolabili dell’uomo (…) nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2), tra i quali rientrano i diritti personali dei componenti un’unione omosessuale, e il riconoscimento degli specifici “diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29).

Il progetto di “unioni civili” in discussione crea di fatto un matrimonio-bis aperto alle sole coppie di persone dello stesso sesso, a cui si applicherebbe per intero la disciplina matrimoniale riservata alla famiglia dal Codice Civile in ragione della sue specifiche ed impareggiabili caratteristiche antropologiche e sociali. Una tale, sostanziale equiparazione non è conforme al richiamato equilibrio tra realtà ed interessi differentemente considerati dalla Costituzione – con buona pace di una scriteriata forma d’ideologia “egualitarista” assai in voga in merito tra le associazioni del movimento gay.

Se, da una parte, è auspicabile un intervento legislativo che chiarisca ed armonizzi i diritti e i doveri di una persona dipendenti da una situazione di stabile e responsabile convivenza, non ha fondamento giuridico né politico imputare ad una simile formazione sociale la medesima disciplina che regola lo speciale rapporto tra la società e la famiglia, con tutte le conseguenze che ciò comporta anche quanto all’accesso alle risorse economiche pubbliche: agevolazioni e provvidenze che l’art. 31 della Costituzione destina alla famiglia proprio in ragione dell’ineguagliabile contributo al bene comune connesso alla crescita e all’educazione dei figli.

Gravissima e del tutto irricevibile, infine, la prevista possibilità per uno dei conviventi di diventare genitore adottivo del minore che sia già figlio dell’altro (“stepchild adoption”). Si giustifica questa previsione in termini di tutela del minore, nel caso in cui rimanesse privo del genitore e delle garanzie connesse alla sua potestà. Senza alcun bisogno di confondere le figure genitoriali di un fanciullo, tuttavia, la legge già prevede specifici istituti destinati allo svolgimento dei compiti dei genitori in caso di loro impossibilità o incapacità, come quello del tutore legale. La stepchild adoption è, invero, il tipico primo passo verso l’incondizionata possibilità per coppie dello stesso sesso di adottare e di accedere alle tecniche di fecondazione artificiale e medicalmente assistita: scenario che farebbe saltare anche nella società italiana quell’ordine naturale di filiazione per interessi meramente egoistici.

La Manif Pour Tous Italia annuncia quindi un impegno attivo, anche mediante il coinvolgimento della società civile, a favore di una considerazione del fenomeno in tema più equilibrata e conforme alla Costituzione, e invita chiunque creda che la famiglia non abbia uguali a profondere nella stessa direzione ogni sforzo fisico e morale.

La Manif Pour Tous Italia

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Il paradosso norvegese

E’ stato molto richiesto. Ecco a voi questo video dirompente IL PARADOSSO NORVEGESE di Harald Eia. Consigliamo la proiezione con dibattito nelle scuole ai professori di religione, nei gruppi di famiglie, nei gruppi giovanili,nei gruppi culturali, anche tra amici. Questo solo video fatto con ironia e simpatia, ma con una intelligenza acutissima ha messo in ginocchio le pretese di scientificità della teoria sociologica-psicologica del gender. 30 minuti di documentario che incatenano al video. Ringraziamo ancora Caterina Masso e Benedetta Scotti  per la traduzione e i sottotitoli in italiano.

http://m.youtube.com/watch?v=2qx6geFpCmA 

 

Il mito dei paesi nordici come “fari della civiltà” è ancora vivo per tanta gente. In particolare molte donne italiane apprezzano l’origine della ideologia della parità di genere che si è ormai radicata nella società fino a rendere indistinti i ruoli maschili e femminili. Si può riconoscere che certe conquiste siano state positive: sono i paesi dei congedi di maternità di 13 mesi, dei nidi in azienda, del welfare state più sviluppato al mondo. Tutto questo è anche frutto del gender equality, ideologia basata su più di 50 anni di femminismo di cui studiosi e politici nordici sono stati i principali promotori. Nelle loro teorie molti policy maker hanno trovato le basi per portare avanti le politiche per la parità di genere. Basta guardare, per esempio, le Organizzazioni non governative (Ong) e le istituzioni per lo sviluppo svedesi: sono state tra le prime a collegare il ruolo della donna allo sviluppo internazionale e, da allora, a incorporare le politiche per la parità di genere negli interventi sul campo.

Il punto di partenza di queste politiche è il concetto di gender (genere), che si riferisce a dei ruoli – quello maschile e quello femminile – che secondo la maggior parte dei ricercatori in materia sono socialmente costruiti e in costante evoluzione. Ci sarebbe quindi una netta separazione tra il sesso, ossia le differenze fisiche tra uomo e donna, e il gender, che comprende un insieme di comportamenti, condizionamenti e aspettative imposti da parte della società sull’individuo. Su quali elementi debbano rientrare nel concetto di gender, però, non esiste una posizione condivisa. Nonostante questo, quasi tutti i sostenitori di questa tesi sono d’accordo su una cosa: che i gender roles (ruoli di genere) vanno cambiati per liberare le donne da questo insieme di condizionamenti psicologici e culturali collegati al loro essere donne. In questo modo potranno godere di una vera e propria uguaglianza rispetto agli uomini.

harald-eiaÈ questo quello che si è cercato di fare in Norvegia negli ultimi decenni, attraverso una moltitudine di politiche e piani d’azione. Dal punto di vista normativo donne e uomini sarebbero ormai liberi di comportarsi in maniera completamente uguale. Diversi studi, però, hanno messo in luce il Norwegian gender paradox, il paradosso norvegese del gender. Si tratta di una segregazione verticale tra uomini e donne nei settori di lavoro, che dimostra come le donne continuino a scegliere professioni tradizionalmente viste come “femminili” e gli uomini quelle tradizionalmente “maschili”. Questo fenomeno è stato oggetto di ricerca da parte di Catherine Seierstad, della Queen Mary University of London. La studiosa ha cercato di capire come mai, nonostante tutti gli sforzi normativi per la parità di genere, i comportamenti dei due sessi non rispecchino l’uguaglianza tanto ricercata.

Mosso dalla stessa curiosità, il comico e sociologo norvegese Harald Eia ha cercato di approfondire la questione attraverso un documentario in sette puntate mandato in onda nel 2010. Eia si è rivolto agli studiosi del gender norvegesi, molti dei quali appartenenti al Nordic Gender Institute, un centro di ricerca nordeuropeo che promuove, raccoglie e diffonde ricerche e studi su temi di gender e di sostenibilità ambientale. Attraverso una serie di interviste, Eia ha chiesto agli studiosi le ragioni per cui donne e uomini dovrebbero essere uguali e come mai la situazione sembra essere diversa. Viaggiando poi tra Stati Uniti e Gran Bretagna, il comico ha visitato alcune delle università più prestigiose al mondo (da Cambridge e Durham alla California State University, passando per UCLA) per incontrare professori di psicologia (R. Lippa, A. Campbell), medicina (S. Baron-Cohen) e sociologia che sostengono la tesi opposta: che le donne e gli uomini cioè sono, alla fine, ben diversi tra di loro e che questo fatto viene rispecchiato dai loro comportamenti. Di fronte alle “prove” (Eia ha registrato tutte le sue interviste, mostrandole agli studiosi suoi connazionali), i maggiori esponenti della gender theory sono sembrati incapaci di fornire spiegazioni scientifiche per la loro linea di pensiero.

Uno degli effetti immediati del documentario è stata la decisione, da parte del consiglio dei ministri dei paesi nordici (Nordic Council of Ministers) di tagliare i fondi al Nordic Gender Institute, provocandone la chiusura. Infatti, il documentario apre anche una domanda importante riguardo alla gender theory. Alla luce di studi autorevoli che dimostrano la netta differenza esistente tra uomini e donne, non potrebbe essere proprio questa diversità a costituire il vero punto di partenza per difendere e rispettare la dignità della donna?

Costanza Tognini   per  La nuova Bussola Quotidiana.

 

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CANDITATI ALLE EUROPEE CHE HANNO SOTTOSCRITTO IL NOSTRO MANIFESTO #RESETEUROPE

 Ecco la lista dei candidati italiani che hanno sottoscritto il Manifesto:

(la lista è aggiornata a mercoledì 21 maggio)

 

Giovanni Alemanno Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Alfredo Antoniozzi NCD-UDC
Paolo Bartolozzi Forza Italia
Sergio Berlato Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Francesco Biava Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Antonio Cancian NCD-UDC
Casini Carlo NCD-UDC
Marco Carraresi NCD-UDC
Lorenzo Cesa NCD-UDC
Luciano Ciocchetti Forza Italia
Marinella Colombo Scelta Europea
Lara Comi Forza Italia
Salvatore detto Sasso Dedda Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Carlo Fidanza Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Matteo Forte NCD-UDC
Pino Galluzzo Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Giuseppe Gargani NCD-UDC
Paolo Guzzanti Forza Italia
Giovanni La Via NCD-UDC
Maurizio Lupi NCD-UDC
Silvio Magliano NCD-UDC
Giorgia Meloni Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Filippo Piccone NCD-UDC
Pasquale Ricchiuti Io cambio – MAIE
Alessandro Rondoni NCD-UDC
Massimilano Salini NCD-UDC
Marco Scurria Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Sergio Silvestris Forza Italia
Gabriele Toccafondi NCD-UDC
Simone Venturini NCD-UDC
Marco Zabotti Scelta Europea

 

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LA MANIF POUR TOUS ITALIA, MANIFESTO EUROPEO PER LA PROMOZIONE E DIFESA DI: VITA; FAMIGLIA E LIBERTA’

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In vista delle prossime elezioni europee, bisogna incoraggiare i parlamentari non solo a votare contro proposte inaccettabili, ma anche a lavorare attivamente a progetti e risoluzioni a favore della vita, della famiglia e della libertà religiosa ed educativa. Per questo, La Manif Pour Tous Italia  in collaborazione con la “Fondazione Novae Terrae ”e più di 30 altre ONG europee sta proponendo un Manifesto a tutti i candidati: chi adotta questo documento si impegna, se eletto, a difendere e promuovere nel proprio lavoro quotidiano al Parlamento Europeo i seguenti valori:

1- La dignità umana e il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, dando piena attuazione alla petizione popolare ‘Uno di noi’.

2- La famiglia fondata sull’unione di un uomo e una donna, con particolare attenzione alle giovani coppie e alle famiglie numerose.

3- Il rispetto della libertà di religione, il contrasto alle discriminazioni religiose, la libertà di pensiero e coscienza (anche in ambito medico e sanitario).

4- Il principio di sussidiarietà, il contrasto della povertà e dell’esclusione sociale, la giustizia sociale e la promozione dei giovani.

5- La libertà di educazione e i diritti dei genitori.

E’ necessario che questo Manifesto sia sottoscritto dal più alto numero possibile di cittadini europei, così da incoraggiare i candidati alle prossime elezioni ad adottarlo e a comportarsi coerentemente con esso una volta eletti. I nomi di tutti i candidati che aderiranno al Manifesto, da qui alle elezioni europee, saranno pubblicati sul sito de La Manif Pour Tous Italia (www.lamanifpourtous.it) così da permettere a tutti di conoscere i loro nomi e di tenerne liberamente conto in vista del voto.

Con questa iniziativa, speriamo di contribuire all’elezione di europarlamentari che hanno a cuore questi valori. E speriamo, grazie al loro lavoro quotidiano, di poter lanciare non solo campagne di opposizione a provvedimenti contrari alle nostre convinzioni, ma anche iniziative propositive in tema di vita, famiglia e libertà.

 

 

FIRMA LA PETIZIONE: http://www.citizengo.org/it/6440-ripartiamo-dai-valori

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Per la libertà di opinione.