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UTERO IN AFFITTO, MANIF POUR TOUS ITALIA: SENTENZA STRASBURGO CONTRO I VALORI COSTITUZIONAL

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La sentenza con cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per l’allontanamento di un minore dalla coppia che lo aveva ottenuto sfruttando all’estero la barbara pratica dell’utero in affitto, allontanamento ratificato dai tre gradi di giudizio interni al nostro ordinamento, si pone in contrasto con i principi e i valori della Costituzione italiana.

Come sentenziato a novembre dalla Corte di Cassazione, che ha legittimato l’allontanamento di un altro minore all’esito di una simile vicenda, “il divieto di pratiche di surrogazione di maternità è certamente di ordine pubblico, come già suggerisce la previsione della sanzione penale, di regola posta appunto a presidio di beni giuridici fondamentali. Vengono qui in rilievo la dignità umana – costituzionalmente tutelata – della gestante e l’istituto dell’adozione (…) governato da regola particolari poste a tutela di tutti gli interessati, in primo luogo dei minori (…)” (Cass. Sez. I Civ. sent. 24001/14).

La sentenza della Corte di Strasburgo non riguarda in alcun modo il merito delle leggi vigenti in Italia, che vietano e puniscono il ricorso alla maternità surrogata, e sono quindi destituite di ogni fondamento le pressioni strumentali che già invocano interventi del Parlamento.

La Manif Pour Tous Italia chiede al Governo italiano di opporsi con forza alla sentenza per salvaguardare l’ordine pubblico dell’ordinamento italiano e il più rilevante valore di dignità umana espresso dalla nostra Costituzione, gravemente leso dalla pratica dell’utero in affitto. La Manif chiede inoltre che lo stesso Governo si faccia promotore in tutte le sedi internazionali di un comune sforzo per porre un argine all’inquietante mercato dei figli in atto.

La Manif Pour Tous Italia

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#600MQDIFAMIGLIA

Da qualche settimana abbiamo inaugurato un tour per città italiane, esponendo una enorme bandiera da 600mq con il logo de La Manif Pour Tous Italia. Per mantenere un effetto mediatico di sorpresa (ed evitare spiacevoli imboscate) le tappe del tour rimangono segrete, ed ognuna è gestita da una decina di sostenitori Manif. Questo è solo uno dei tanti modi con cui vogliamo mantenere altissima l’attenzione sulla centralità della famiglia nella società, specialmente in relazione alle tante pressioni ideologiche che oggi la minacciano: riforma del matrimonio, “diritto al figlio per tutti”, teorie di genere nelle scuole dei nostri figli. Potete restare aggiornati sulle tappe della bandiera, e condividerne gli scatti, tramite il nostro sito e soprattutto i nostri profili Facebook e Twitter. La prossima città potrebbe essere proprio la tua, resta sintonizzato!

Verona

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MATRIMONIO, ADOZIONE, OMOFOBIA: LA MANIF RISPONDE

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Pubblichiamo il testo completo dell’intervista al portavoce de La Manif Italia, Filippo Savarese, riportata sul numero di novembre 2014 del giornale “Inchiostro” degli studenti dell’Università di Pavia.

 
Inchiostro – Mi spiega in breve la genesi e gli scopi dell’associazione?

Savarese – La Manif Italia si ispira al movimento francese La Manif Pour Tous, nato nel 2012 a seguito della legge “Le Mariage Pour Tous” che ha abolito il requisito della diversità sessuale della coppia che chiede di accedere all’istituto del matrimonio civile. L’associazione si chiama “La Manifestazione Per Tutti” perché intende dimostrare come esista un patrimonio di valori che, da una parte, non discrimina né danneggia assolutamente nessuno e, dall’altra, è invece orientato al bene comune. Cardine di questo patrimonio è la famiglia, intesa soprattutto come dimensione naturalmente privilegiata per l’accoglienza di nuova vita e la protezione dei diritti dei bambini. Il fenomeno “Manif” ha attirato l’attenzione per aver riunito sulla difesa di questo patrimonio persone di ogni estrazione sociale, convinzione politica, ispirazione filosofica o credo religioso. Diversi milioni di francesi sono scesi in piazza, in diverse occasioni, in difesa di alcuni principi elementari: la famiglia è la cellula fondamentale della società, perché per essa passa la rigenerazione della vita e la sua protezione nella fase di massima fragilità; i figli non sono “diritti” ma persone, esseri umani con propri diritti individuali, tra cui quello di non veder manipolata la loro esistenza con tecniche di laboratorio che li privino arbitrariamente di quel padre o quella madre che avrebbero naturalmente avuto (il riferimento è alla procreazione medicalmente assistita eterologa e alla barbara pratica dell’utero in affitto, contro il cui riconoscimento si è schierato anche il fior fiore dello storico establishment socialista e progressista). In breve può dirsi che La Manif vuole portare alcuni elementi di chiarezza ed onestà in un dibattito, quello sulla riforma del diritto di famiglia, troppo spesso intriso di posizioni ideologiche e demagogiche.

Il vostro movimento si riconosce nelle posizioni della Chiesa Cattolica?

Assolutamente no. Non abbiamo alcun tipo di legame con la Chiesa Cattolica né con altri enti, religiosi, politici o culturali. Siamo fieri dell’impianto saldamente laico che caratterizza le nostre opinioni, che si fondano sulla Costituzione e non sulla Bibbia. In particolare non facciamo nostra alcuna considerazione sulla natura dell’omosessualità, della quale non ci occupiamo affatto rispettando integralmente ogni persona nella sua identità.

Il Cardinal Ruini oggi ha definito i diritti dei gay “diritti immaginari”. È d’accordo? Perchè?

Non è quello che si legge nell’intervista. Ruini dice testualmente che “È giusto tutelare i diritti di tutti; ma i veri diritti, non i diritti immaginari”. È un discorso piuttosto ovvio che vale in generale per tutti, dunque anche per i diritti delle persone omosessuali o delle unioni affettive che esse vivano; di seguito si dice poi favorevole al rafforzamento di diritti individuali connessi alla convivenza, se effettivamente mancano, che non istituiscano però una sorta di para-matrimonio. Si può essere d’accordo o meno, ma non c’è nessun intento di negare i diritti effettivi delle persone. Io penso che sia doveroso mettere chiunque nella condizione di esercitare i propri diritti nella relazione affettiva che vive: è senz’altro immaginario un “diritto universale al matrimonio e al figlio per tutti”. Non lo dico io ma la Corte Costituzionale e la stessa Corte Europea dei Diritti Umani.

Le coppie gay (con e senza figli) già esistono in Italia, si parla di 100 000 “bambini arcobaleno”(Secondo una ricerca del 2005 condotta da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, ndr): siete d’accordo con qualche tipo di riconoscimento e tutela per queste realtà di fatto?

Intanto devo dire che l’espressione “bambini arcobaleno” è davvero da evitare: non possiamo attaccare sui bambini delle etichette per arruolarli in battaglie politiche, è una forma di strumentalizzazione pessima. Ciò detto, la cifra dei centomila figli di coppie omosessuali si sente spesso in giro, ma è una vera e propria bufala. La cifra è uscita da una ricerca condotta dieci anni fa nel mondo omosessuale da enti non proprio super partes quali l’Arcigay e l’Arcilesbica, e afferma che “il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche, con più di quaranta anni, hanno almeno un figlio”. Ammesso e non concesso che l’indagine sia veritiera, essa ci dice solo che alcuni bambini avrebbero il padre o la madre omosessuale, non che vivono in una coppia formata da due persone omosessuali. Per capirci: se mio padre o mia madre dovessero “scoprirsi” omosessuali, l’Arcigay bollerebbe in automatico me e i miei cinque fratelli come “figli arcobaleno”. La disonestà di questo metodo per censire il fenomeno dell’omogenitorialità è evidente. Ritorniamo allora a dati più seri e fondati. Il censimento Istat del 2011 quantifica in 16 milioni e 648 mila i nuclei familiari in Italia. Di questi nuclei, 7.591 si dichiarano composti da due persone dello stesso sesso. Quanti sono i minori che vivono in questi nuclei? Sempre secondo il censimento generale dell’Istat, 529. Chiaro? 529. Anche ammettendo una certa quota di “non dichiarato”, è contro ogni legge della statistica ipotizzare cifre superiori a quelle dichiarate di oltre il 200%! Questa è una strategia chiarissima: diffondere nella società la sensazione che un enorme mutamento sociale sia in corso, che raggiunge proporzioni clamorose che necessitano una risposta legislativa. Come dimostrato questo è totalmente falso. Ciò detto, noi siamo favorevoli ad una legge che chiarisca quali diritti e doveri spettano a una persona per il sol fatto che essa viva in una stabile e duratura relazione affettiva. Qualsiasi relazione essa sia. È l’unica soluzione conforme al dettato costituzionale, che riserva alla famiglia, in virtù delle sue specificità sociali ed antropologiche, una serie di misure sociali ed economiche specifiche. Basta leggere l’art. 31 Cost: “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. È evidente il riconoscimento giuridico della stabile e progettuale relazione affettiva tra un uomo e una donna non rileva di per sé, per una questione di “amore”, come si sente spesso dire, ma perché in quel nucleo è riposta una speranza e un’attesa fondamentale per il progresso sociale. Cioè i figli.

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I sostenitori della legge sul matrimono gay sostengono che la loro posizione tuteli i diritti dei bambini, ad esempio in caso di separazione di coppie omogenitoriali, ma non solo. Voi, d’altro canto, sostenete che la vostra posizione tuteli i diritti dei bambini, primo fra tutti quello ad avere un padre e una madre. Chi ha ragione, e perchè?

La legge tutela l’infanzia a prescindere da qualsiasi situazione di contorno. I minori sono destinatari di una legislazione speciale di protezione, che non dipende più dallo stato civile dei genitori: si tratta della parificazione tra lo stato di figlio cosiddetto legittimo e figlio naturale. Dal punto di vista del minore, dunque, il matrimonio è ininfluente. Le associazioni del movimento gay chiedono il riconoscimento legale della cosiddetta “omogenitorialità”, cioè il fatto che una persona possa avere “due padri” o “due madri”. Ma come avviene questa situazione, visto che in natura due uomini e due donne non possono realmente generare un figlio? Al di là di casi sporadici, la maggior parte dei bambini che vive con coppie omosessuali sono stati prodotti (e sottolineo prodotti) con tecniche di procreazione artificiale, dall’eterologa alla maternità surrogata. Si tratta di manipolazioni dell’esistenza altrui con cui si sceglie arbitrariamente di escludere dall’orizzonte esistenziale di una persona la figura paterna o quella materna, che pure sono essenzialmente legate alla sua esistenza. Riconoscere giuridicamente l’“omogenitorialità” significa dunque avallare questo fenomeno veramente lesivo dei diritti umani dei più indifesi. D’altro canto si mente spudoratamente quando si immagina che un figlio cresciuto in una coppia omosessuale rischi di essere sottratto al genitore “sociale” se quello “biologico” viene a mancare. La legge italiana provvede già a tutelare queste situazioni di fatto, permettendo l’adozione dell’orfano da parte della persona con cui questo abbia stabilito un legame saldo e duraturo. Si tratta di un criterio che vincola il Tribunale, che deve anche sentire l’opinione del minore per decidere. È vero, in caso di separazione il genitore “sociale” non vanta diritti né doveri verso il figlio, ma questa è la naturale conseguenza della premessa: il fatto che quel figlio sia stato generato con procreazione artificiale e non sia biologicamente legato al convivente di suo padre o sua madre. Ma questo vale anche in coppie eterosessuali. Tutti siamo figli di un padre e di una madre; è vero che questo non significa automaticamente che siano un buon padre e una buona madre, ma questo non permette a nessuno di decidere per noi, quando noi non possiamo esprimerci, che non dobbiamo avere nemmeno l’occasione di conoscerli.

Cosa ne pensa del decreto anti-omofobia, soprattutto in relazione ai molti casi di violenza fisica e verbale verso persone LGBT?

Penso che sia pericoloso e comunque del tutto inutile. Bisogna chiarirsi: il disegno di legge “Scalfarotto” cosiddetto “anti-omofobia” non ha il minimo valore preventivo, non c’entra nulla col prevenire casi di violenza o discriminazione. Si limita solo alla questione della pena. La pericolosità sta in ciò: che il concetto di “omofobia” è del tutto vago e indefinito. Il ddl non spiega che cosa sia l’omofobia, e non è possibile reperire altrove definizioni sufficientemente chiare da evitare che un Tribunale estenda a piacimento i confini del significato. Oggi poi sembra quasi che se non hai la tessera Arcigay sei un sospetto omofobo. La legge sarebbe comunque inutile perché il nostro Codice Penale punisce già ogni forma di violenza e discriminazione verso qualsiasi persona, comunque motivata. I “molti casi di violenza fisica e verbale verso persone omosessuali” che citi sono già oggi punibili e puniti nei Tribunali – giustamente! Perché allora questo intervento in più? Basta guardare la realtà: i nuovi “omofobi” sono quelli che contestano i progetti di riforma del diritto di famiglia del movimento gay. Si tratta allora di una legge-bavaglio che introduce un reato di “opinione omofobica”, indegna di uno Stato liberale.

Lei si definirebbe “omofobo”, o definirebbe così la sua associazione? Che definizione può darmi di omofobia?

Come detto, non esiste un riferimento certo in merito al concetto di omofobia. Ognuno può estendere a piacimento il significato: per qualcuno può significare praticare atti di violenza contro le persone omosessuali, per altri soltanto dirsi favorevole al requisito della diversità sessuale per accedere al matrimonio o all’adozione. È pensabile che un Tribunale possa avere una così ampia possibilità di arbitrio sulle opinioni delle persone? In ogni caso, non esiste definizione di omofobia a cui permetterei mai di essere ricondotto, o di veder ricondotta La Manif. Da subito e sempre abbiamo detto chiaramente che siamo contro ogni forma di violenza o discriminazione motivata dall’orientamento sessuale di una persona: atti ignobili giustamente perseguiti dalla legge, che meritano il più chiaro stigma sociale.

In tutto il mondo occidentale, le unioni gay, i matrimoni gay e l’adozione gay sono sempre più frequentemente riconosciuti dai governi. Perchè l’Italia ha fatto finora un percorso diverso? Pensa che continuerà a distinguersi in futuro?

In realtà l’immagine di un “progresso” che avanza inesorabile in merito a queste riforme non è realistica. Certo, molti paesi occidentali hanno apportato queste modifiche legislative. Ma come? Con quale processo decisionale e dibattimentale? In Francia e Spagna i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono stati approvati a colpi di maggioranza dai governi socialisti, suscitando vere bufere politiche e sociali che hanno spaccato gli elettorati e che continuano oggi. Peraltro, Zapatero è stato sconfitto sonoramente alle successive elezioni politiche, e anche il Governo Hollande è in crisi nera, anche a causa di queste “ristrutturazioni” sociali (alle ultime elezioni di medio termine non è stato rieletto il relatore della legge sui matrimonio suddetti). In Germania c’è ancora resistenza ad estendere il matrimonio e l’adozione a coppie di persone dello stesso sesso, anche se lì c’è una forma di unioni civili. Negli Usa, poi, una serie di sentenze ha abbattuto leggi statali approvate con referendum popolari sui limiti al matrimonio e all’adozione. Insomma, se ci limitiamo a colorare i Paesi sulla cartina è un conto, ma se poi vediamo le dinamiche democratiche concrete scopriamo che il tema divide e fa discutere ancora ampiamente anche il mondo occidentale. Non escluso cambiamenti di marcia nei prossimi anni, soprattutto in Europa. Dal 2000 ben 10 stati europei hanno inserito la tutela della famiglia tradizionale in Costituzione, ma questo non lo si dice. Credo che l’Italia non abbia seguito quest’onda, fin’ora, per il minor grado di ideologizzazione su questi temi della popolazione, che, di fatto, non ha mai permesso a chi combatte per questi cambiamenti di avere saldamente in mano il Governo del Paese. La sinistra italiana, e in una certa misura Matteo Renzi lo conferma, non sembra avere la stessa radice socialista delle altre socialdemocrazie europee occidentali. Non posso predire il futuro, posso solo augurarmi che, nel rispetto dei giusti diritti di tutti, non si avallino anche da noi confusioni dannose per la società.

Lei scrive che “è la potenziale capacità procreativa dell’unione tra un uomo e una donna a differenziare il matrimonio dalle convivenze tra persone omosessuali”. Molti obietterebbero: dobbiamo negare il diritto a sposarsi anche a persone sterili dalla nascita?

Ho usato quelle parole per un tweet, ma non sono parole mie. Sono scritte nere su bianco nella sentenza (la 138 del 2010) con cui la Corte Costituzionale ha stabilito alcuni principi fondamentali: primo, quando la Costituzione parla di matrimonio e di famiglia, si riferisce a quella fondata sull’unione tra un uomo e una donna; secondo, limitare il matrimonio alla coppia di uomo e donna non viola alcun principio di uguaglianza perché, come appunto ho citato, “la potenziale finalità procreativa vale a distinguere il matrimonio dall’unione omosessuale”; terzo, il valore che la famiglia assume nella Costituzione è strettamente connesso con il suo essere dimensione di naturale accoglienza dei figli: questo costituisce un motivo di eccezionale interesse pubblico, perché la rigenerazione della società è il presupposto di qualsiasi progresso; quarto, i diritti delle persone che convivono in unione omosessuale sono da riconoscere secondo l’art. 2 della Costituzione, che parla di diritti individuali e non di diritti dell’unione in sé. Nei fatti, piaccia o no, la Corte avalla la visione delle cose che ha dato Ruini nella sua intervista. Questa sentenza è quella che attualmente detta la linea in fatto di costituzionalità delle pretese del movimento gay, ma è poco considerata e anzi molti la ignorano del tutto, come se ci si dovesse ancora esprimere in merito. Peraltro è la stessa Corte in questa sentenza a dire che la finalità procreativa del matrimonio è solo “potenziale”, nel senso che non può essere pretesa dallo Stato, e dunque non si può in alcun modo fare test medici sulla coppia per verificarne la fertilità, ché violerebbe essenziali diritti della persona. Ma questo fatto non permette comunque di stravolgere il principio costituzionale anche nella sua sola potenzialità ammettendo al matrimonio due persone dello stesso sesso, tra di loro semplicemente impossibilitate a procreare.

La teoria di gender: voi sostenete che “dal proprio sesso si è inconfondibilmente caratterizzati sin dal concepimento”. Senza aprire il discorso MtoF (da maschio a femmina/ndr) o FtoM, come spiegate l’esistenza di intersessuali?

Il fenomeno dell’intersessualità è causato da anomalie genetiche che confermano la regola biologica: l’essere umano è maschio o femmina, e questo carattere permea di sé non solo la fisionomia ma anche, per esempio, le principali funzioni dell’encefalo. Il cervello dell’uomo e della donna sono diversamente regolati dall’attività ormonale, e questo è il motivo di diverse attitudini tendenziali che caratterizzano uomini e donne in ogni parte del mondo, in ogni epoca storica. Questa è una ricchezza straordinaria per l’umanità. Giorgio Gaber diceva, in una citazione a cui teniamo moltissimo, che “all’Universo non importa nulla dei popoli e delle nazioni; l’Universo sa soltanto che senza due corpi differenti, e due pensieri differenti, non c’è futuro!” (tratta da ‘Secondo me la donna’). Ma a parte questo, parliamo tranquillamente anche del fenomeno della transessualità. A noi non interessa assolutamente nulla intrometterci nella vita privata delle persone, anche di quelle che, nate maschi o femmine, sentono di appartenere al sesso opposto. Critichiamo l’ideologia costruita sul concetto filosofico del “genere” per il fatto che oggi si tenta di imporla come unica “politicamente corretta”. Il danno è più grave dove questo avviene nelle scuole: negli asili girano già fiabe che “educano” alla fecondazione eterologa o all’utero in affitto come metodi di procreazione naturale, mentre nelle medie e nei licei il movimento gay organizza progetti per imporre l’ideologia del “genere” e decostruire quelli che chiama “stereotipi”, cioè che solo un uomo e una donna possono procreare. Contro questo danno alla libertà educativa delle famiglie ci siamo battuti duramente con molti successi. E continueremo a farlo.

Conosce “le cose cambiano” È la versione italiana dell’americana “It gets better”: aiutano adolescenti LGBT a capire che non saranno vittime del bullismo omofobico per sempre. Cosa ne pensa?

Sì conosco il progetto. Qualunque iniziativa vada nella direzione di aiutare persone in difficoltà che le portano spesso a vivere situazioni di grave disagio ed esclusione sociale sono più che opportune. Mi rammarica che spesso il movimento gay approfitti di queste occasioni benemerite per inserire elementi della loro battaglia politica, come appunto quella per la modifica del matrimonio e l’invenzione del “diritto al figlio”.

Lei afferma che si dicano “cose totalmente infondate “ della vostra associazione. Quali?

Su tutte quella che saremmo “anti-gay”. È un’espressione che non concepisco. È come se dicessero che siamo “anti-nuvole” o “anti-alberi”. Che senso ha? Noi non ci occupiamo di omosessualità. Difendiamo un sistema legale di identificazione, promozione e protezione della famiglia non perché corrisponde a un ideale morale o religioso, ma perché esso effettivamente genera bene comune e progresso. Contestiamo le pressioni del movimento gay in questo ambito, non su altro. Ognuno è libero di vivere la propria esperienza familiare con chi vuole e come vuole, ma è semplicemente assurdo pensare che lo Stato debba parificare ognuna di queste situazioni, dato che sono potenzialmente illimitate. Lo Stato protegge la famiglia tradizionale e la riconosce con l’istituto matrimoniale, come detto, per la sua potenziale finalità procreativa. Questo è un fatto pratico da cui le civiltà traggono beneficio per sopravvivere. Ben vengano rafforzamenti dei diritti individuali di chi vuole vivere in modo libero e sicuro il proprio sodalizio affettivo, ma la manomissione che si chiede oggi del matrimonio rischia di generare solo confusione e danni.

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Quando si dice un cartone del c….!

“In Svezia i bambini si educano così: non è libertà se è libertà di imporre”

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L’11 gennaio, alle 22,00 c.a., abbiamo pubblicato sul nostro profilo facebook (https://www.facebook.com/pages/La-Manif-Pour-Tous-Italia/273967302745211) un video trasmesso la scorsa settimana da Bacillakuten, un programma per bambini erogato dalla tv pubblica svedese. Il video (lo trovate a questo link)  consta di una canzoncina orecchiabile rappresentante un pene e una vagina che zompettano per lo schermo tutti colorati.

Mentre abbiamo pensato opportuno rendere pubblico il video sottolineando che l’amministrazione youtube, prudentemente, ha dichiarato “questo video potrebbe essere inappropiato per alcuni utenti” -successivamente youtube sotto pressione della SVT ha tolto l’etichetta “per adulti”-, non avevamo pensato necessario pubblicare la traduzione della canzoncina, pervenutaci tramite una famiglia italiana, che abita a Goteborg, che ci ha tra l’altro confermato che il video è stato contestato perchè transfobico.

Ci ha stupito perà la risonanza mediatica positiva data al video su youtube, riportata da qualche testata on.line (tra cui Il PostHappyblogThe Local, etc).

Fa eccezione l’articolo pubblicato dalla Bussola Quotidiana (qui il link).

Chi riporta la notizia scrive che si può essere contrari o favorevoli, alla visione di questo cartone. A noi, invece, resta il dubbio che la seconda opzione non possa essere presa in considerazione: far familiarizzare i bambini con termini e immagini che intendano scindere la sessualità dal tutt’uno che è la persona (psiche, mente, corpo), riducendola a mera genitalità, apre scenari distruttivi sia per la persona che per la società.

A chi ci ha additato, chiamando in causa la libertà, ricordiamo che la libertà ha un confine: la libertà dell’altro. Se la “libertà” difesa  è libertà “tua” di educare i miei figli ad una scissione che comporta tutto quello che abbiamo detto, non ci accodiamo al grido tanto facile di questi ultimi giorni. D’altro canto, proprio perchè la libertà educativa è propria di ogni genitore, non ci stancheremo mai di esplicare i pericoli di tale educazione, affinchè ognuno sia libero, veramente. Mandare in onda, durante un programma per bambini, un cartone che veicola il messaggio appena esplicato, o entrare nelle scuole senza rendere partecipe del tipo di educazione sessuale che si vuole imporre ai miei figli non è libertà.

Non è libertà la libertà di imporsi.

Per questo, costretti, riportiamo la traduzione come a noi è pervenuta. (Qualora dovessero esserci errori saremmo ben pronti (e contenti!!) di apportare modifiche, se migliorative del testo)

“Ecco il c**** che arriva al galoppo!
Lui che i pantaloni non ha,
gli pendola il c****
e ha una linea in mezzo al sedere!

La f*** è impetuosa, si! Lo puoi credere!
Persino su una vecchia signora è elegante.
Così diversi ma quasi la stessa cosa:
fare la pipì attraverso il c**** la f*** se si è una ragazza!

Il c**** e la f*** che fantastica banda!!!

Il c**** e la f*** cantano il nostro (in) coro.

Il c**** e la f*** appartengono al nostro corpo.”

[n.d.r. Chi scrive non è felice di dover usare un linguaggio tanto volgare, ma chiedendo esplicitamente a chi ha tradotto se venisse usato il termine volgare, si è sentita rispondere affermativamente: snopp si usa in modi di dire volgari. Lo svedese non ha una ricchezza lessicale pari all'Italiano per cui se si avesse voluto nominare in modo elegante, si sarebbe dovuto usare la perifrasi "organo sessuale maschile/femminile. E sicuramente non due nomigonli che richiamano tanto pesantemente i modi di dire volgari in uso. Penis, è usato solo in ambienti medici. La speranza è che nella traduzione ci sia un errore; pronti a correggerlo!]

Ritieniamo comunque pericoloso il messaggio seppur dovessimo scoprire che i termini usati siano più vicino ad eventuali nostri “pisellino/pisellina”, come inizialmente credevamo.

A voi la sentenza.

 

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GIOCHI GENDER: LIBERAZIONE O CONFUSIONE?

GIOCHI GENDER: LIBERAZIONE O CONFUSIONE?
Lasciate in pace Babbo Natale (e i bambini!!)!!!

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In questi giorni sono girati sui social alcuni articoli che invitavano i genitori, ops, Babbo Natale a servirsi di giochi gender neutral (per. es. http://www.ilpost.it/giuliasiviero/2014/12/16/giochi-giocattoli-non-sessisti-consigli-regali/ )

Ho letto e riletto le motivazioni per cui Babbo Natale si sarebbe dovuto spingere a comprare un ferro da stiro rosa ai maschietti e una macchina blu alle femminucce.

Tolto il fatto che non trovo niente di male nell’immaginare una bambina che gioca co la macchinetta (avendo un fratellino più grande, da piccola ho giocato con le macchinette, con il subbuteo, con le costruzioni anche io), e tolto la meravigliosa peculiarità di ciascun uomo e quindi bambino, mi fa sorridere l’intenzione: siamo così convinti che le scelte dei giocattoli preferiti dei nostri figli siano da deputare ad un imposizione preconfezionata della cultura liberticida e tuttoquellochevoletemettercivoi, o forse la cultura che ci ha supportato fin’ora e quindi anche il mercato dei giocattoli sono semplicemente piegati a quelle che sono da sempre della attitudini naturali del mondo maschile e femminile?

Siamo così certi che l’imposizione rosa – femminucce e azzurro – maschietti sia da deputare ad una cultura maschilista patriarcale oppure il fatto che i maschietti nascano con una retina più spessa e ricca di cellule M, sensibili quindi ai colori freddi, e le femminucce, invece, con una più sottile ricca di cellule P, sensibili quindi ai colori caldi, può giustificare nei secoli la scelta di colorare di rosa le bimbe e di azzurro i bimbi?

Siamo certi che l’imposizione femminucce – bambolina e maschietti – giochi meccanici sia da deputare ad una cultura maschilista patriarcale oppure il il fatto che i maschietti sin dall’ottava settimana della vita intrauterina sviluppino l’area dell’aggressività grazie ad un massiccio afflusso di testosterone che li spinge sin da neonati ( meno di 24 ore dal parto) a preferire il movimento o le forme geometriche, piuttosto che preferire giochi che simulino relazioni come le femminucce  che non ricevendo questa ondata di testosterone sviluppano maggiormente aree del cervello deputate alle emozioni, comunicazione e empatia, e quindi preferiscono già da neonate volti, riconoscono espressioni, modulazioni della voce, e sono già pronte a sviluppare e maturare la capacità di relazione, di accoglienza tipica della donna, possono giustificare queste scelte?

Siamo così certi che l’imposizione maschietti – lotta e femminucce – accudimento sia da deputare ad una cultura maschilista patriarcale oppure il il fatto che i maschietti , sempre per colpa del testorone, avendo maggior sviluppata l’area del sesso e dell’aggressività possano passare molto tempo con gli amichetti senza dirsi nulla, comunicando con “scontri fisici”, giocando “a fare cose”, perchè nel dar prova di forza ricevono dal proprio cervello una scarica di dopamina che gli genere benessere e dipendenza (avete mai notato che ad alcuni non basta mai il pericolo?) a differenza delle femminucce a cui piace decodificare, condividere, usare le emozioni (loro sono fuggite al testosterone) e quindia  cui piace giocare a tutti quei giochi che simulino rapporti e situazioni, o a cui piace anche solo passare un pomeriggio intero a chiacchierare, supportare vissuti intimi con le amiche, possono giustificare queste preferenze? (Sapete? Le femminucce possiedono l’11% per cento di neuroni in più nei centri d’ascolto, e hanno maggiormente sviluppata anche l’area del linguaggio! Avreste mai detto che parliamo troppo?)

Lasciamo ai lettori questo dubbio, sperando che possano farne buon uso.

Ma proviamo anche a lasciare i bambini fuori da ideologie che altro non farebbero che complicargli la vita.

Lasciamo che i bambini siano bambini (e le bambine siano bambine!)!

(Ti stai domandando il perchè di questa guerra alle meravigliose e complementari differenze tra il mondo femminile e maschile? Guarda questo: “Capire il Gender in meno di tre minuti”  :https://www.youtube.com/watch?v=Y3hndmjeUhc )

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ROMA: ECCO I NIDI IN CUI SI RIEDUCA ALL’IDEOLOGIA GENDER

 

Con l’insediamento del Sindaco Ignazio Marino un anno e mezzo fa sono iniziati utilizzi di fondi e nuovi finanziamenti in maniera concentrata su alcuni temi come il “bullismo omofobico” e “stereotipi di genere“. Successivamente si è attivata anche la Regione Lazio, da cui molti comuni stanno attingendo soldi pubblici per sensibilizzare i bambini e le famiglie all’accettazione della cosiddetta “omogenitorialità”. In particolare questi progetti si rivolgono a insegnanti di asilo, scuola dell’infanzia ed elementari.

Negli ultimi mesi sono arrivate molte segnalazioni sul fatto che in alcune realtà fossero state portate avanti queste iniziative senza alcuna informazione e dunque senza il consenso da parte dei genitori dei bambini sottoposti al “trattamento” purificatore.

Come abbiamo potuto constatare direttamente, molti di tali progetti, pur dichiarando un intento condivisibile in linea generale, nello specifico si basano su dati falsi e allarmistici, una concezione ideologica e antiscientifica della diversificazione sessuale, e su scarsissime conoscenza e rispetto dello sviluppo psicofisico del minore nella sua totalità di persona in divenire.

Credendo sia un diritto di ogni genitore venire informato su quanto sta accadendo all’interno delle scuole dei propri figli segnaliamo in allegato l’elenco delle strutture Asili Nido di Roma Capitale che l’anno scorso sono state scelte per effettuare il corso di aggiornamento “La scuola fa la differenza“, gestito dall’associazione di stampo femminista “SCOSSE”.

È da chiarirsi che non è dato sapere se nelle strutture indicate questi corsi siano già stati effettivamente messi in atto, ma riteniamo comunque fondamentale che i genitori che dovessero avere figli ivi iscritti possano chiedere i più opportuni – e dovuti – approfondimenti alla dirigenza.

Per questo si segnala in allegato anche la lettera che abbiamo predisposto per richiedere alla dirigenza scolastica che di ogni attività sensibile presente o futura sia immediatamente messa al corrente la famiglia, anche per gestire eventualmente in spirito di collaborazione educativa i temi trattati.

In generale, ribadiamo l’assoluta necessità che i genitori riscoprano profondamente la loro responsabilità educativa verso i figli, anche e soprattutto informandosi preventivamente sulle tematiche dell’educazione alla differenza sessuale, per poter meglio interagire con la scuola o condividere con altri genitori le proprie esperienze.

È fondamentale tenere sempre a mente che non stiamo combattendo contro qualcuno, ma solo rivendicando il nostro diritto di genitori ad avere la priorità sull’educazione generale dei nostri figli, specialmente in ambiti così intimi e personali: la scuola non ha autorità su questi temi, non ha la facoltà di presentare ai nostri figli rappresentazioni parziali della realtà che non hanno alcun fondamento scientifico.

La Manif Pour Tous Italia

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SCOSSE ROMA

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Perchè difendere la famiglia? risponde l’ex rabbino Sacks.

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E’ stato uno dei discorsi più applauditi di Humanum, il convegno organizzato in Vaticano per ragionare sulla bellezza della complementarità uomo-donna, a cui hanno partecipato alcune fra le personalità religiose più auterovoli del pianeta: il magistrale intervento dell’ex rabbino capo d’Inghilterra, Lord Jonathan Sacks, ha ripercorso la storia del matrimonio (dal primo atto sessuale tra due pesci, 385 milioni di anni fa in Scozia, fino ai giorni nostri) provocando la standing ovation dei presenti.

Ve ne proponiamo una sintesi tradotta in italiano:

“Stamattina voglio cominciare il nostro colloquio raccontando la vicenda della più bella idea nella storia della nostra civiltà: l’idea dell’amore che porta nuova vita nel mondo (…). Per me la storia si snoda in sette momenti chiave, ognuno dei quali sorprendente e inatteso. Il primo, stando a quanto ha riferito la stampa il 20 ottobre scorso, ebbe luogo in Scozia 385 milioni di anni fa. Fu allora che, secondo recenti scoperte, due pesci si unirono per compiere il primo atto sessuale riproduttivo noto alla scienza. (…) La vita comincia quando maschio e femmina si incontrano e si uniscono.
Il secondo, inatteso, sviluppo fu rappresentato dalla singolare sfida posta all’Homo Sapiens da due fattori: la posizione eretta, che comprimeva il bacino femminile, e un cervello più grande – del 300% – il che significava una testa più grande. Ne risultò che i piccoli dell’uomo dovevano nascere molto prima di quelli di tutte le altre specie, necessitando di conseguenza della protezione parentale per un periodo di tempo molto più lungo. Ciò fece sì che il ruolo parentale fosse tra gli uomini molto più impegnativo, tanto da richiedere la presenza di due figure anzichè di una sola. Di qui il fenomeno, assai raro tra i mammiferi, del legame di coppia, a differenza di quanto avviene con altre specie, dove il contributo del maschio termina con l’atto della fecondazione. (…) Assieme alla persona umana emerse allora anche l’unione della madre e del padre biologici che si prendono entrambi cura del proprio piccolo.
(…) Poi venne l’agricoltura e il surplus economico, le città e la civilizzazione, e per la prima volta affiorarono forti disuguaglianze tra ricchi e poveri, potenti e non. (…) La manifestazione più ovvia di potere tra i maschi alfa, si tratti di uomini o di primati, è dominare l’accesso alle donne fertili, massimizzando la possibilità di trasmettere i propri geni alle generazioni future. Di qui la nascita della poligamia (….) che è l’espressione ultima di disuguaglianza perchè comporta che molti maschi non abbiano mai la possibilità di avere una moglie e dei figli. E l’invidia sessuale, nel corso della storia, è stata una delle cause prime di violenza, sia tra gli uomini che tra gli animali.
Ecco perchè il primo capitolo della Genesi è così rivoluzionario, con la sua affermazione che ogni essere umano, a prescindere dalla classe, dal colore, dalla cultura o dal credo, è a immagine e somiglianza di Dio stesso. Nel mondo antico erano i re, gli imperatori e i faraoni ad essere considerati a immagine di Dio. Il messaggio che la Genesi introduceva era che siamo tutti sovrani. Che abbiamo tutti uguale dignità, nel regno della fede, sotto la sovranità di Dio.
Da questo deriva il medesimo diritto, per ciascuno, di unirsi in matrimonio e di avere dei figli, il che spiega perchè, comunque si legga la storia di Adamo ed Eva – e vi sono differenze tra la visione ebraica e quella cristiana – la norma che il racconto sottintende è: una donna, un uomo.
(….) Vi è inoltre uno stretto legame tra monoteismo e monogamia. (…) Dietro entrambi risiede la relazione onnicomprensiva tra l’Io e il Tu, tra me stesso e un altro, si tratti di un uomo o di un “altro” che è il Divino. Con la monogamia il ricco e potente ci rimette, mentre ci guadagna il povero e chi il potere non ce l’ha. Pertanto il ritorno della monogamia rappresentò il vero trionfo del principio di pari dignità per tutti.
(…) Il quarto, notevole, avanzamento fu il modo con cui questo trasformò la morale. (….) Proprio come Dio creò il mondo naturale con amore e misericordia, nello stesso modo noi siamo chiamati a creare il mondo sociale. E quell’amore è una fiamma che risiede nel matrimonio e nella famiglia. La moralità è l’amore tra marito e moglie, genitore e figlio, esteso al resto del mondo.
Il quinto progresso forgiò l’intera esperienza ebraica. In Israele un tipo di accordo, in origine secolare, chiamato alleanza, fu adottato e trasformato per identificare il modo con cui si pensa il rapporto tra Dio e l’umanità (…). Un’alleanza è come un matrimonio. E’ un reciproco impegno di lealtà e fiducia tra due o più persone, ciascuna rispettosa della dignità e dell’integrità dell’altro, per cercare di ottenere insieme quello che nessuna può raggiungere da sola.
(…) Il che ci conduce alla sesta, sottile, considerazione che la verità, la bellezza, la bontà e la vita stessa, non esistono in una singola persona o entità ma risiedono nel mezzo, “tra” di esse.
(…) Tutto questo porta alla settima conseguenza, ovvero che nell’ebraismo la casa e la famiglia diventano il posto centrale per vivere la fede. (…) Abramo fu scelto non per guidare un impero, comandare un esercito, compiere miracoli o fare profezie, ma semplicemente per essere un genitore.

(…) Il matrimonio e la famiglia sono il luogo dove abita la fede e dove dimora la Presenza Divina nell’amore tra marito e moglie, genitore e figlio.
Che cosa è cambiato, allora? C’è un solo modo per spiegarlo. Alcuni anni fa scrissi un libro sul rapporto tra scienza e religione, e sintetizzai la differenza tra le due in un paio di frasi: “La scienza divide le cose per vedere come funzionano. La religione unisce le cose per vedere cosa significano”. In modo analogo va considerata anche la cultura. Unisce le cose o le divide?
Ciò che ha reso speciale la famiglia tradizionale è ciò che la univa: il desiderio fisico e sessuale, l’amicizia, la compagnia, l’affinità emotiva e l’amore, il fatto di generare, crescere e prendersi cura dei figli, educarli e dotarli di un’identità e di una storia (…). Per una lunga serie di ragioni, alcune legate allo sviluppo della medicina (come il controllo delle nascite, la fecondazione in vitro e altri interventi nel campo della genetica), alcune dovute a un cambiamento nella morale (come l’idea che siamo liberi di fare tutto ciò che ci pare purchè non danneggiamo nessun altro), alcune derivanti dall’aver trasferto le responsabilità dall’individuo allo Stato, e ancora a causa di altri cambiamenti più profondi nella cultura occidentale, quasi tutto quello che il matrimonio univa e metteva insieme è stato ora diviso.
Il sesso è stato separato dall’amore, l’amore dall’impegno, il matrimonio dalla generazione dei figli e la generazione dei figli dalla cura dei figli stessi.
Il risultato è che in Inghilterra nel 2012, il 47,5% dei bambini è nato fuori dal matrimonio e si prevede che nel 2016 essi saranno la maggioranza. Sempre meno persone si sposano, quelle che lo fanno si sposano più tardi e il 42% dei matrimoni si conclude con un divorzio. Nè si può dire che la convivenza abbia sostituito il matrimonio. La durata media di una convivenza in Inghilterra e negli Stati Uniti è di due anni. Il risultato è un forte aumento, tra i giovani, di disordini alimentari, di abuso di alcool e droghe, di sindromi legate allo stress, di depressione e suicidi, commessi e tentati. Il crollo del matrimonio ha creato una nuova forma di povertà che colpisce soprattutto le famiglie composte da un solo genitore e tra queste, il peso maggiore grava sulle spalle delle donne, il 92% delle quali, nel 2011 gestiva da sola la famiglia monoparentale. In Inghilterra oggi oltre un milione di bambini nasce senza aver mai avuto nessun tipo di contatto con il proprio padre. Il che sta creando una divisione all’interno della società come non si vedeva da quando, oltre un secolo fa, Disraeli parlò di “due nazioni”. Coloro che sono privilegiati e hanno la fortuna di crescere all’interno di un legame amorevole e stabile tra le due persone che li hanno messi al mondo saranno, mediamente, più sani fisicamente e mentalmente. Avranno risultati migliori a scuola e sul lavoro, e più successo nelle relazioni sentimentali. Saranno più felici e vivranno più a lungo. Certo ci sono le eccezioni, ma questa ingiustizia grida vendetta.
Questa settimana, in Inghilterra, esce un nuovo film che racconta la storia di una delle grandi menti del XX secolo, Alan Turing, matematico a Cambridge, che contribuì a porre le fondamenta della scienza informatica e dell’intelligenza artificiale (….). Dopo la Guerra, Turing fu arrestato e processato per comportamenti omosessuali, fu sottoposto a castrazione chimica e morì a 41 anni per avvelenamento da cianuro, che però alcuni imputarono a suicidio.
Non dovremmo mai più tornare a un mondo simile.
Ma la nostra compassione per coloro che scelgono di vivere diversamente non deve fermarci dal difendere l’istituzione che più di tutte nella storia ci rende umani. La famiglia, uomo donna e bambino, non è uno stile di vita tra i tanti. E’ il modo migliore che sia stato finora scoperto per prendersi cura delle generazioni future e permettere ai bambini di crescere all’interno di un modello di stabilità e amore. E’ il luogo all’interno del quale impariamo la delicata coreografia dei rapporti e come gestire gli inevitabili conflitti che sorgono in ogni gruppo di esseri umani. E’ dove per la prima volta ci apriamo al rischio di dare e ricevere amore. E’ dove una generazione trasmette i suoi valori a quella seguente, garantendo la continuità della civilizzazione. Per ogni società, la famiglia è il centro del suo stesso futuro e per il bene del futuro dei nostri figli noi abbiamo il dovere di difenderla.

Articolo a cura di Catholic Voices Italia
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BOLZANO: IL MOVIMENTO GAY ARRUOLA MINORI PER LA PROPAGANDA GENDER

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Il circolo di Bolzano de “La Manif Pour Tous Italia” esprime la sua preoccupazione nell’apprendere la promozione del progetto “peer education” dell’associazione “Centaurus”, il locale circolo Arcigay, con la collaborazione del Comune di Bolzano ed il finanziamento di altri enti pubblici fra i quali anche la Provincia Autonoma di Bolzano.

Si legge dal sito internet del Comune di Bolzano di un recente incontro fra l’assessore Randi ed i rappresentanti dell’associazione “Centaurus” per dare seguito ad un protocollo di collaborazione già stilato nel dicembre del 2012 e che prevede “la promozione di una maggiore consapevolezza sui temi dei diritti civili e del superamento del pregiudizio legato all’orientamento sessuale e all’identità di genere sul territorio della città”. Durante questo incontro matura il progetto “peer education” da introdurre con sempre maggior forza all’interno delle scuole bolzanine, ma in cosa consiste questo disegno educativo? È la stessa “Centaurus” a spiegarlo attraverso il suo sito internet ed in cui, con un linguaggio geroglifico da iniziati, dice che la “Peer-Education significa imparare tra pari. Siamo convinti che i/le giovani apprendano nel miglior modo dai/dalle loro coetane*. È per questo che cerchiamo volontar* dell’età compresa tra i 16 e i 20 anni, che abbiano voglia di informare e sensibilizzare giovani e adolescenti sui temi dell’omosessualità e della transessualità.” Di qui l’invito a partecipare “sei giovane (tra 16 e 20 anni) e ti senti di identità gay, lesbica e/o trans? Sei dichiarat*, sicur* di te stess* e ti piacerebbe aiutarci ad abbattere pregiudizi ed discriminazioni legati all’orientamento e all’identità sessuale?” In pratica dei giovani, senza alcuna qualifica se non il proprio orientamento sessuale ed i propri convincimenti ideologici orientati alla teoria gender, entrano nelle scuole a parlare delle proprie esperienze. 

Ma quali sono i reali contenuti di questi incontri oltre le propagandistiche dichiarazioni di prevenzione alle discriminazioni omofobiche? Nessuno lo sa ed è da questo interrogativo che nascono le nostre preoccupazioni che rivolgiamo all’amministrazione comunale ed al sindaco Luigi Spagnolli. Non vorremmo che questi incontri, non opportunamente presentati alle famiglie, si rivelassero delle occasioni di propaganda gender, ovvero quella teoria non scientifica che nega la complementarietà maschio-femmina in natura poiché considerati degli stereotipi culturali da abbattere in favore di una cultura dell’indifferentismo sessuale. Ma ancora peggio, non vorremmo che, come già accade in altre scuole italiane, in questi incontri si tengano veri e propri incontri di educazione sessuale tenuti  da persone non qualificate e che propongano un modello della sessualità evidentemente orientato esclusivamente ad una visione omosessualista con altrettanti inviti alla partecipazione di feste private. 

Ribadiamo pertanto le nostre preoccupazioni e chiediamo all’amministrazione comunale di fare subito chiarezza in merito. Parallelamente chiediamo ai dirigenti scolastici di condividere questi progetti con le famiglie in qualità di unici soggetti deputati all’educazione dei ragazzi così come la nostra Costituzione vuole.
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LA CURIA DI MILANO E L’IDEOLOGIA GENDER: CRONACA DI UNA DITTATURA IN CORSO

Negli ultimi anni, a seguito dell’adozione governativa della “Strategia nazionale contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere” (2009), si sono moltiplicati i finanziamenti pubblici per l’introduzione nelle scuole – dagli asili nidi alle superiori – di progetti presentati come “contro le discriminazioni”, “contro il bullismo”, “contro l’omofobia”, “contro gli stereotipi di genere”, etc. Si tratta di attività organizzate e proposte per la maggior parte da associazioni che gravitano nella galassia del movimento Lgbt (lesbian-gay-bisexual-transexual).

L’impronta filosofica, psicologica e sociologica di riferimento di questi corsi è quella delle “teorie di genere” (Gender theories), un complesso di speculazioni su come si strutturerebbe culturalmente l’identità sessuale delle persone, a scapito della naturale “identità di genere” che esse vivrebbero se non fossero costrette dalle norme sociali ad interpretare ruoli sessuali stereotipati. Gli stereotipi in questione sono del tipo: l’uomo e la donna sono naturalmente orientati a cercarsi e completarsi sessualmente; la madre e il padre sono le figure genitoriali naturali di una persona; la società riconosce nella famiglia la coppia potenzialmente fertile; etc.

Si tratta di bandi che con l’effettiva prevenzione di bullismo e discriminazione non c’entrano davvero un bel niente: per “omofobia” (o “omonegatività”) i promotori intendono qualsiasi tipo di considerazione non accogliente nei confronti dell’omosessualità o delle battaglie politiche del movimento gay (matrimonio e adozione per coppie di persone dello stesso sesso). Il pericolo non sono azioni violente o discriminatorie, ma opinioni e valutazioni morali personali. Che devono essere purificate ed emendate quand’è possibile farlo con più facilità, cioè nell’età dell’infanzia o dell’adolescenza, in luoghi in cui i ragazzi sono costretti ad ascoltarti e al riparo dall’interessamento pericoloso delle loro famiglie.

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Poiché queste teorie collidono con le convinzioni scientifiche, morali, religiose e filosofiche della grande maggioranza dei cittadini, le notizie circa la loro diffusione destano sempre grande scalpore e proteste. A inizio 2014 furono le proteste della società civile ad impedire che l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali diffondesse in tutte le scuole (peraltro all’insaputa del Ministero competente) degli opuscoli sull’educazione sessuale ed affettiva impregnati di questa ideologia. Contro la diffusione di queste opinabili sciocchezze sull’identità sessuale dell’essere umano sono anche nate ultimamente numerose associazioni popolari, tra le quali noi de La Manif Pour Tous Italia. Da subito abbiamo iniziato a raccogliere centinaia di segnalazioni dalle scuole di tutta Italia, debitamente documentate, che stiamo inserendo in un grande archivio nazionale che ci riserviamo di rendere pubblico a tempo debito. Si và, comunque, dal figlioletto che torna a casa col rossetto sulle labbra (perché deve imparare, a forza se serve, che l’associazione rossetto/donna è uno stereotipo da eliminare), al telo scuro dietro al quale i bimbi della materna vengono spinti seminudi perché si tocchino più o meno incidentalmente (perché devono imparare… già, che cosa devono imparare in questo caso? Non vorremmo dover ipotizzare lezioni tendenti alla pedofilia normalizzata).

Al netto di tutto quanto accaduto ultimamente, la Curia di Milano ha ritenuto di voler agire per informarsi sullo stato delle cose negli istituti scolastici della città. Và detto infatti che nella grande maggioranza dei casi le famiglie sono tenute totalmente all’oscuro dello svolgimento di queste attività, oppure informate in modo vago e indefinito sui contenuti pratici che sono veicolati ai ragazzi e sulle modalità di applicazione. L’iniziativa dell’Arcidiocesi, che ha chiesto agli insegnanti di religione di comunicare eventuali progetti in corso nelle loro scuole, è quindi più che opportuna e meritoria: la Conferenza Episcopale Italiana dovrebbe avere il coraggio di organizzare una grande mappatura nazionale di questo fenomeno, che contrasta con la libertà delle famiglie di conoscere cosa viene trasmesso ai loro figli e come, e di scegliere se aderirvi o meno. È proprio dello stato totalitario sottrarre competenza educativa alla famiglia per affidarla, in definitiva, al potere politico pubblico (che autorizza e finanzia queste attività). In questi giorni in Germania si è ripetuto il terrificante episodio dell’arresto di alcuni genitori che si erano rifiutati di far partecipare i loro figli all’educazione sessuale imposta a scuola dallo Stato, perché non conforme ai loro convincimenti morali. Siamo davvero già con tutti e due i piedi in una nuova forma dittatoriale, ancorché nella sgargiante divisa arcobaleno.

Non c’è bisogno di meravigliarsi: da subito è partita la classica e ormai rodata campagna di mistificazione a mezzo stampa, con titoloni sparati in ogni dove sulla “nuova Inquisizione” che chiede in gran segreto ai professori di religione, dipendenti statali, di “fare la spia” sulle “scuole pro-gay”. E giù quintali di inchiostro digitale per far circolare la solita lettura distorta (come quella che ha travolto la professoressa di Torino accusata per giorni di aver definito in classe l’omosessualità una malattia da curare: falsità ben presto ribaltate, che sono valse alla signora la solidarietà dei suoi stessi colleghi d’istituto). L’ala radicale del Partito Democratico ha chiesto l’intervento del Ministero dell’Istruzione, tanto per dare l’idea della strumentalizzazione ideologica macchinata.

La Curia di Milano ha creduto di doversi giustificare e scusare per l’accaduto, affermando che l’intenzione era solamente quella di poter meglio aiutare gli stessi insegnanti di religione nel trattare i temi quando la scuola se ne fosse direttamente interessata. È triste che al giorno d’oggi una istituzione così importante come la Chiesa Cattolica debba temere guai e ritorsioni per sue scelte più che legittime.

Qual è però l’esatta proporzione dei fatti? Cosa c’è di male nella vicenda? Che cosa si può rimproverare alla Curia di Milano, effettivamente? Ecco il testo della lettera inviata agli insegnanti di religione: “Cari colleghi, come sapete in tempi recenti gli alunni di alcune scuole italiane sono stati destinatari di una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un’idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale. Per valutare in modo più preciso la situazione e l’effettiva diffusione dell’ideologia del ‘gender’, vorremmo avere una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte, sia di quelle in cui sono state effettivamente attuate iniziative in questo senso, sia di quelle in cui sono state solo proposte. Per questo chiederemmo a tutti i docenti nelle cui scuole si è discusso di progetti di questo argomento di riportarne il nome nella seguente tabella, se possibile entro la fine della settimana. Grazie per la collaborazione“.

Ovviamente il movimento gay può stigmatizzare la sostanza sottesa a questa comunicazione quanto vuole; può ribadire la solita solfa retorica dell’arretratezza, del bigottismo, dell’oscurantismo medievale e tutto quanto ultimamente si sente ripetuto chi si azzarda a sostenere la complementarietà naturale tra il maschile e il femminile, con tutto quello che comporta naturalmente anche in ambito relazionale e sociale, come il diritto e il naturale bisogno di ogni nascituro di crescere col papà e la mamma che sono stati necessari perché si potesse anche soltanto parlare di “nascituro”. Ma oltre ciò? Perché la Chiesa di Milano, l’Associazione dei Genitori, La Manif Pour Tous o chicchessia non possono usare gli strumenti che hanno a disposizione per avere una comprensione organica del fenomeno? Si tratta di notizie segrete? Quello che la Curia di Milano vuole sapere – per i motivi che essa preferisce – deve restare oscuro? Due sono le cose, infatti: o il numero delle scuole coinvolte nella propaganda gender dal movimento gay è di pubblico dominio e può serenamente circolare, e allora non si capisce l’attacco alla Curia; oppure è bene che queste informazioni rimangano il più possibile private, taciute, disperse.. e allora è confermato che si sta perpetuando, anche a Milano, la più grande campagna di delegittimazione dei diritti educativi naturali delle famiglie che si sia mai vista in epoca sedicente democratica.

Il movimento gay e la parte politica che gli serve come sponda nelle stanze dei bottoni devono infatti comprendere che le “teorie di genere” sono opinioni sul grande e affascinante tema della sessualità personale. Opinioni contestate o semplicemente rifiutate da una quantità smisurata di famiglie italiane, che hanno il diritto di mantenere saldamente sotto controllo l’indirizzo generale dell’educazione sessuale ed affettiva dei loro figli. Evidentemente questa libertà non è prevista nella “Strategia Nazionale Lgbt”.

Filippo Savarese

Portavoce La Manif Pour Tous Italia

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SALVAGUARDARE I BAMBINI DALL’INDOTTRINAMENTO GENDER

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Nelle Scuole Italiane, come nei maggiori Paesi d’Europa, stiamo assistendo alla progressiva approvazione di progetti che ricalcano un vero e proprio indottrinamento alla gender-theory, un costrutto ideologico orientato a promuovere l’indifferentismo sessuale (decostruzione del genere maschile e di quello femminile) e incentivare l’affettività e la sessualità, sin dall’infanzia, in ogni fase dello sviluppo del fanciullo con tecniche inappropriate e false rispetto alla realtà delle tappe di maturazione psico-affettiva del fanciullo (L’ideologia di genere ed. LMPT Italia 2013).  Questi progetti, spesso mascherati dietro titoli quali “educazione alle differenze e al genere” o alla prevenzione e il contrasto del “bullismo o violenza di genere”, o alla “formazione dell’identità di genere”, “educazione affettiva” spesso sono inseriti nei POF, o nelle attività extra curriculari,  senza che i genitori vengano avvisati, nonostante il tema sia tanto delicato. Si potrebbe invocare il tentativo di reato di plagio, se non fosse che è in atto una vera e propria ‘normalizzazione’ per istituzionalizzare questo ‘indottrinamento’, quasi come una materia scolastica.

Prescisso ciò ci risulta evidente l’intento, formale o meno, di educare i nostri bambini e ragazzi  a questa ideologia, che nega la realtà biologica e antropologica dell’essere umano, irrispettosa del diritto dei discenti di essere istruiti alle categorie del reale. Per ultimo ma non per importanza, la strategia attuata per far ciò, lede chiaramente il diritto di libertà educativa dei genitori, sancita dalla nostra costituzione e dalla carta dei diritti.

Ricordando sempre  che dialogare serenamente con le Autorità scolastiche, è uno dei primi diritti (e doveri )dei  genitori, perché possano esercitare – come recita la Costituzione – la libertà di educazione verso i propri figli, la Manif Pour Tous Italia, nel proseguire con tutte le forze la difesa della famiglia e soprattutto dei superiori interessi del fanciullo, attiva tutte le risorse.

Grazie all’aiuto del sempre in prima linea Avv. Simone Pillon (consigliere nazionale del Forum delle Associazioni Familiari), infatti, la Manif Pour Tous Italia propone a tutti i genitori uno strumento validissimo per rispondere a questo attacco:

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Per la libertà di opinione.