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COMITATO “DIFENDIAMO I NOSTRI FIGLI”: TUTTI A ROMA IL 20 GIUGNO PER DIRE STOP GENDER

FAMIGLIA: MOBILITAZIONE NAZIONALE IL 20 GIUGNO A ROMA
Manifestazione a San Giovanni su Gender nelle scuole e ddl Cirinnà

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“Per promuovere il diritto del bambino a crescere con mamma e papà, vogliamo difendere la famiglia naturale dall’assalto a cui è costantemente sottoposta da questo Parlamento, vogliamo difendere i nostri figli dalla propaganda delle teorie gender che sta avanzando surrettiziamente e in maniera sempre più preoccupante nelle scuole”. Il comitato “Difendiamo i nostri figli“, spiega così la convocazione a Roma per il prossimo 20 giugno di una manifestazione che si annuncia imponente a difesa dell’istituto del matrimonio, della famiglia composta da un uomo e da una donna, del diritto del bambino ad avere una figura materna e una paterna, senza dover subire già dalla scuola dell’infanzia la propaganda dell’ideologia gender definita da Papa Francesco “un errore della mente umana”. Spiegano i promotori: “Chiamiamo alla mobilitazione nazionale tutte le persone di buona volontà, cattolici e laici, credenti e non credenti, per dire no all’avanzata di progetti di legge come il ddl Cirinnà che dell’ideologia gender sono il coronamento e arrivano fino alla legittimazione della pratica dell’utero in affitto. Ci troveremo tutti in piazza a Roma, schierati a difesa della famiglia e dei soggetti più deboli, a partire dai bambini”. La manifestazione, che si terrà a piazza San Giovanni dalle 15.30, è promossa dal comitato “Difendiamo i nostri figli” a cui aderiscono personalità provenienti da diverse associazioni tra cui Simone Pillon, Giusy D’Amico, Toni Brandi, Filippo Savarese, Costanza Miriano, Mario Adinolfi, Jacopo Coghe, Maria Rachele Ruiu, Paolo Maria Floris, Alfredo Mantovano, Nicola Di Matteo. Portavoce del comitato è il neurochirurgo Massimo Gandolfini. Lunedì 8 giugno alle ore 12 all’hotel Nazionale di piazza Montecitorio si terrà la conferenza stampa di presentazione della manifestazione.

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STOP GENDER: TUTTI IN PIAZZA A ROMA IL 20 GIUGNO!

Ci siamo. Il livello di tollerabilità delle famiglie italiane della “colonizzazione ideologica” denunciata anche da Papa Francesco ha davvero raggiunto il limite. Sono passati due anni da quando La Manif Pour Tous Italia ha organizzato la prima manifestazione in assoluto in Italia contro il ddl Scalfarotto sul reato di opinione omofobica. Circa duecento persone nei pressi del Parlamento, nel caldo afoso, nell’indifferenza di tutti e soprattutto della stampa. Da allora La Manif Italia si è estesa su tutto il territorio nazionale con oltre 60 circoli territoriali, che monitorano l’infiltrazione dell’ideologia Gender nei consigli comunali, regionali e nelle scuole di ogni ordine e grado, organizzando eventi di dibattito e informazione per i cittadini ignari, nonché forme di protesta e contestazione pubblica. C’è in particolare uno sforzo che abbiamo avuto sempre a cuore: riunire in un’azione comune e congiunta tutte le organizzazioni  e le associazioni che si battono per la famiglia. La risposta all’ideologia Gender è e deve essere la risposta corale di un’intero popolo, che difende l’antropologia che lo fonda e che assicura il progresso nel rispetto integrale della persona umana. Il nostro unico obiettivo è sempre stato quello di dimostrare che quella per il diritto dei bambini di avere un papà e una mamma è davvero una battaglia “pour tous“, per tutti.

Questi anni di attività, insieme a tante altre associazioni amiche e compagne di viaggio, si concretizzerà ora finalmente in una imponente manifestazione di piazza, sabato 20 giugno alle ore 15 in Piazza San Giovanni a Roma. Una manifestazione che abbiamo insistentemente sollecitato per rispondere alla domanda pressante di decine di migliaia di famiglie incontrate in questi due anni che chiedevano una giornata per poter dire chiaro e forte che il diritto di educare i figli spetta alle loro famiglie in via prioritaria. Una manifestazione che sarà possibile per lo sforzo congiunto di tante persone comuni, madri, padri, insegnanti, psicologi, giuristi; persone comuni che vogliono restare libere di educare i loro figli alla bellezza della complementarietà tra l’uomo e la donna.

Questa manifestazione, come negarlo, non giunge a caso a fine giugno. Nei prossimi giorni inizierà infatti l’iter di approvazione del ddl Cirinnà sulle cosiddette “unioni civili“, un vero e proprio matrimonio gay con tanto di adozioni mascherate e apertura al riconoscimento dell’utero in affitto, del mercato internazionale di figli. Se il ddl Cirinnà sarà approvato, l’intero diritto di famiglia italiano sarà stravolto, a maggior danno del diritto dei bambini di crescere col loro papà e la loro mamma, e di non essere trattati come prodotti commerciali.

La manifestazione avrà dunque due obiettivi fondamentali: contrastare l’avanzata dell’ideologia gender nelle scuole e stoppare il ddl Cirinnà sulla rottamazione della famiglia. Se avete a cuore la libertà educativa e i diritti dei più indifesi, non potete mancare.

Vi aspettiamo a Roma, in Piazza San Giovanni, sabato 20 giugno alle ore 15!

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L’ITALIA RICORRE CONTRO LA SENTENZA CEDU SULL’UTERO IN AFFITTO!

“Abbiamo raccolto più di 30mila firme per chiedere al Governo di opporsi con forza alla sentenza della CEDU “Paradiso” che porta l’Italia nel grande mercato internazionale di figli tramite utero in affitto, e quindi siamo del tutto soddisfatti del risultato”. Lo afferma Filippo Savarese, portavoce de La Manif Pour Tous Italia, commentando il ricorso del Governo italiano contro la sentenza “Paradiso e Campanelli” del 27 gennaio scorso.

Con questa, la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato l’Italia per l’allontanamento di un minore dalla coppia che lo aveva “acquistato” in Russia per 50mila euro con la pratica dell’utero in affitto.

“L’Italia ha sottratto il bambino alla coppia perché comprare i figli è un crimine tremendo – afferma Savarese – e nessun bambino deve crescere con chi ha offeso la sua dignità umana dandole un prezzo. La sentenza “Paradiso” impedisce agli stati di punire chi compra i figli, creando uno spazio di tolleranza giuridica intorno alla pratica barbara dell’utero in affitto”.

“Ci auguriamo che il Governo italiano tenga duro nel difendere davanti ai giudici la dignità dei nascituri, e che la Corte in secondo grado riveda radicalmente la propria giurisprudenza, o non avrà più niente da dire sul tema dei diritti umani. Ciò detto, quello che il Governo contrasta in Europa si sta infiltrando in Italia direttamente dal Parlameno: l’articolo 5 del disegno di legge Cirinnà sulle cosiddette unioni civili – vero e proprio matrimonio gay – apre inesorabilmente al riconoscimento dell’utero in affitto, e questo va evitato categoricamente”.

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ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2015 – MANIFESTO IN DIFESA DELLA FAMIGLIA

La Manif Pour Tous Italia ha chiesto a tutti i candidati di tutti gli schieramenti politici di sottoscrivere il Manifesto in difesa e promozione della famiglia.

Manifesto per le elezioni regionali del maggio 2015.

Manifesto per le elezioni comunali del maggio 2015.

Al momento hanno firmato il Manifesto

- Edoardo Rixi, candidato Consigliere Regionale della Regione Liguria

- Aldo Siri, candidato Consigliere Regionale della Regione Liguria

- Raffaella Della Bianca, candidata Presidente della Regione Liguria

- Gino Garibaldi, candidato Consigliere Regionale della Regione Liguria

- Alessandro Parino, candidato Consigliere Regionale della Regione Liguria

- Vittorio Mazza, candidato Consigliere Regionale della Regione Liguria

- Domingo Merry Del Val, candidato Sindaco Comune di Montorfano

- Maurizio Marchetti, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Fabio Bulgheroni, candidato Sindaco del Comune di Casnate con Bernate

- Gianni Cenni, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Gianmaria Bellan, candidato Consigliere della Municipalità Marghera (VE)

- Marco Amorese, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Umberto Zangani, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Maurizio Marchetti, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Domenico Menorello, candidato Consigliere Regione Veneto

- Roberto Panciera, candidato Consigliere Regione Veneto

- Silvia Conte, candidato Consigliere Regione Veneto

- Alberto Zelger, candidato Consigliere Regione Veneto

- Simone Venturini, candidato Sindaco Comune di Venezia

- Emmanuele Muresu, candidato Sindaco Comune di Venezia

- Gabriele Bolzan, candidato Sindaco Comune di Venezia

- Gian Angelo Bellati, candidato Sindaco Comune di Venezia

- Luigi Brugnaro, candidato Sindaco Comune di Venezia

- Federico Bussolin, candidato Consigliere Regione Toscana

- Arianna Lazzarini, candidata Consigliere Regione Veneto

- Giovanni Donzelli, candidato Consigliere Regione Toscana

- Francesco Francini, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Stefano Mugnai, candidato Presidente della Regione Toscana

- Claudio Cipolli, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Ugo del Carlo, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Nicola Nascosti, candidato Consigliere della Regione Toscana

- Alice Albarello, candidata Presidente Regione Liguria

- Stefano Valdegamberi, candidato Presidente Regione Veneto

- Augusto Ciampechini, candidato Consigliere della Regione Marche

- Paola Pretto, candidata Consigliere della Regione Veneto

- Flavio Tosi, candidato Presidente della Regione Veneto

- Massimiliano Mazzocchi, candidato Consigliere Comune Albano Laziale

- Matteo Rosso, candidato Consigliere Regione Liguria

- Alice Alberelli, candidata Consigliere Regione Liguria

- Matteo Consarella, candidato Consigliere Regione Liguria

- Alessandro Parina, candidato circoscrizione Savona

- Enrico Ghizolfi, candidato circoscrizione La Spezia

- Giuseppe Murolo, candidato Consigliere Regione Liguria

- Fausto Bertolucci, candidato consigliere Albano Laziale

- Marco Silvestroni, candidato sindaco Albano laziale

- Marcello Di Rollo, candidato sindaco Albano Laziale

- Carmen Salierno, candidata consigliere Albano Laziale

- Gloria Vescovi, candidata consigliere Albano Laziale

- Merry Del Val, candidato consigliere Montorfano (CO)

- Fabio Bulgheroni, candidato consigliere Casnade (CO)

- Massimiliano Micheli, candidato consigliere Regione Toscana

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INDOSSA LA T-SHIRT DELLA MANIF, RAGAZZO AGGREDITO A ROMA

Comunicato stampa

Roma, 6 maggio 2015

Roma: vietato indossare la maglietta con il simbolo della famiglia. La Manif Pour Tous Italia denuncia aggressione
Maglietta squarciataIndossava una maglietta che raffigura la famiglia. Questa la ragione dell’aggressione di cui è stato vittima un ragazzo di Roma, il pomeriggio del primo maggio scorso. Durante un picnic in un parco in zona Tiburtina, il ragazzo è stato insultato e strattonato, a causa della sua t-shirt con il logo de La Manif Pour Tous che rappresenta una famiglia che si tiene per mano. A denunciare l’accaduto è La Manif Pour Tous Italia, associazione nata con lo scopo di “garantire la libertà di espressione, preservare l’unicità del matrimonio tra uomo e donna e il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà”. L’aggredito racconta di essere stato circondato da tre persone (due uomini e una donna ), apostrofato e poi spinto a terra. “Questa maglietta te la devi togliere. Sei un fascista, sei un antiabortista e un cattolico integralista”, gli hanno gridato contro. Al suo rifiuto, in presenza di testimoni, gli è stata squarciata la t-shirt con violenza. Secondo la vittima, l’autore del gesto ha affermato di essere “gay e anarchico” e di voler picchiare quanti indossano magliette con quel simbolo. La Manif Pour Tous Italia si dichiara profondamente scossa dalla brutale aggressione. “Difendere la famiglia oggi, significa rischiare violenti attacchi personali – afferma Jacopo Coghe, presidente de La Manif Pour Tous Italia -. Quanto accaduto a Roma è un fatto gravissimo, che testimonia la volontà di intimidire chi sostiene un’associazione pro-family come la nostra, che tra l’altro è apartitica e laica. Siamo nati per promuovere la libertà di opinione – conclude Coghe – e per questo minacce e prepotenze non riusciranno a chiuderci la bocca”.

Ufficio stampa La Manif Pour Tous Italia:
press@lamanifpourtous.it
Cell. 393 8182082

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FEDELI, A CHI?

Congresso Pse

Filippo Fiani, padre e, in seconda battuta, portavoce del Circolo Territoriale di Arezzo della Manif Pour Tous Italia, è stato assieme a Kiara Tommasiello, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari di Arezzo e Provincia, ad ascoltare la Fedeli che presentava il ddl che porta il suo nome nella Sala dei Grandi di Arezzo. Qui il suo resoconto. Accorato, pungente, a tratti colorato, perché, prima di tutto, è un babbo preoccupato. Molto.

“Ormai la Toscana fa da trampolino di lancio ad ogni nefandezza politica e sociale passi per la testa al megalomane di turno. Sembra che, vista la fortuna del Matteino nazionale, anch’egli partito da qui, sia diventato scaramantico avviare a fare le cose dalla terra di Dante.

Vi voglio solo ricordare che non siamo solo testa di ponte sulla fecondazione eterologa e propugnatori del social-freezing, ma siamo all’avanguardia con il sistema privato di gestione dell’acqua pubblica (in barba ad un referendum) e anche sulla gestione dei rifiuti ci gloriamo di aver sviluppato dei sistemi disfunzionali che stiamo esportando in tutta Italia.

La senatrice Valeria Fedeli ha sottoposto ad una commissione d’esame il disegno di legge intitolato «Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università» che si prefigge come obiettivo quello di «eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza»
E’ una mostruosità culturale che ci verrebbe a costare 200 milioni di euro per la sostituzione dei libri di testo, distribuzione a pioggia di finanziamenti a progetti educativi extrascolastici e corsi di formazione degli insegnanti.

Tutto volto all’introduzione, fin dalla scuola materna, di progetti finalizzati alla indifferenziazione sessuale dei nostri figli. Non verrà realmente insegnato il rispetto alle differenze. No. Secondo i progetti esaminati a più riprese sul territorio nazionale, si propugna l’idea di eliminare culturalmente la differenza fra l’uomo e la donna, teorizzando e attualizzando una forma di genderismo sperimentale  che non ha alcun riscontro positivo se non quello di spianare la strada a tutte le successive forme di manipolazione mentale e psicologica di persone che, perdendo la propria identità interiore e fisica, hanno smarrito ogni punto di riferimento.( Capire il gender in meno di tre minuti )

Il diritto all’autodeterminazione personale viene leso in modo profondo e crea un danno psicologico ben più grave del problema che invece vorrebbe essere risolto.

Lo scopo dichiarato è quello di affrontare il tema del bullismo contro le persone differenti (come se l’unica differenza che instiga al bullismo fosse quella di genere) e il problema della violenza sulle donne, ma non è svuotandoci della nostra essenza, negando le differenze e violentando la psiche dei bambini che si insegna il rispetto. Infatti nei paesi del nord Europa, dove tali indottrinamenti scolastici ( e non solo !) sono in atto già da decenni, si riscontrano percentuali molto più alte che in Italia di fenomeni di discriminazione e violenza di genere.

La differenza tra uomo e donna non è il prodotto di un condizionamento sociale ed educativo, ma è insita in noi, nel nostro DNA in primis, nella nostra biologia e nel modo di funzionamento del nostro cervello. Tali differenze si concretizzano in comportamenti così tanto diversi tra gli uomini e le donne da rendere incredibile ogni tentativo di affermare che tutto sia solo frutto di stereotipi, un’affermazione che nega la realtà tangibile e verificabile da ognuno, e che quindi ha possibilità di successo solo se propagandata mediante un vero e proprio “lavaggio del cervello” da attuare sui bambini.

La sessualità di ogni persona è un elemento fondante imprescindibile della personalità umana e su essa ciascuno fonda la propria capacità relazionale ed emotiva. Interferire in modo forzoso sullo sviluppo affettivo dei bambini mediante un’azione di indottrinamento sessuale precoce non può che avere delle conseguenze drammatiche sul loro equilibrio psichico anche quando saranno adulti.

Non si insegna il rispetto della differenza cercando di negare la differenza. Quando poi questa tornerà evidente e prepotente in gioco, si parerà davanti a soggetti smarriti e senza alcuna capacità critica. Capaci di tutto perché appunto incapaci di capire.

Anche lei è voluta venire a risciacquare i panni in Arno e si è presentata quasi di soppiatto con il suo nuovo DDL, un piovoso lunedì pomeriggio, ad Arezzo, nel palazzo della provincia (ex?) di fronte ad una platea di aficionados e addetti ai lavori.

Le associazioni di genitori che hanno letto il testo di questo disegno di legge e che manifestavano perplessità sulla validità delle soluzioni applicate, si sono riunite sotto le firme del Forum delle associazioni familiari di Arezzo e La Manif Pour Tous Toscana e si sono mobilitate per partecipare attivamente all’incontro.

Con scarsissime capacità comunicative, poco tempo, idee confuse, molto supporto e tante pacche sulle spalle, ho acconsentito a presentare le nostre perplessità in sede di dibattito. Così lunedì mi sono ritrovato gettato nella fossa dei leoni. Esagerato? Forse, ma vi posso garantire che lo stato d’animo era altalenante tra la paura di fare una ricca figura da bischero e la paura di non riuscire a sfruttare l’occasione di far passare il nostro messaggio. Quindi mediamente ero impaurito, tranne quando i due sentimenti si sovrapponevano, in quel caso infatti ero parecchio impaurito.

Un’ultima telefonata a Roma (grazie Rachele), qualche raccomandazione in extremis, ci sediamo tutti assieme (il loggione) e via. Assieme al presidente della provincia ed alla sua vice c’è appunto la Fedeli ed altre due personalità legate al mondo della scuola. Inizia lo show.

Dopo lo scontato attacco del presidente della provincia (ex?) Vasai alle famiglie che nei giorni scorsi avevano contestato lo stanziamento di danaro pubblico (cioè dei contribuenti) per i progetti gender nelle scuole aretine, è stato seriamente presentato il disegno di legge dal titolo «Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università». Il testo è veramente breve, tanto breve quanto pericoloso.

Sorvolando sul vergognoso atteggiamento di Vasai, che si è permesso di fare facile ironia senza contraddittorio sulle perplessità sollevate da cittadini, famiglie e genitori, e di liquidarle come futili polemiche, poniamo l’attenzione all’oggetto della seduta.

Nonostante infatti che la Fedeli abbia ritenuto di informarci preliminarmente che questa legge non è la legge contro l’omofobia e neanche la legge che introduce le famigerate teorie gender, noi siamo convinti che questo strumento sia la chiave per l’introduzione di cattive pratiche nella scuola pubblica a discapito dei nostri figli. Tutto a vantaggio (economico) delle solite associazioni politicamente vicine, se non amiche, delle amministrazioni.

Badate bene, che lo spot pubblicitario è pure carino, accattivante, tocca temi sensibili ai più e presenta anche argomenti condivisibili. Io sostengo le stesse cose: la donna deve riuscire a realizzarsi al pari dell’uomo, le devono essere date le opportunità per esprimere pienamente il suo potenziale, non deve essere discriminata, non deve essere considerata come un uomo di serie B eccetera … e non voglio neanche provare a menzionare il mio disappunto per qualunque tipo di violenza psicologica o fisica. Quindi come non condividere il nobile intento?

Semplice, basta avere un minimo di spirito critico, leggere un attimo tra le righe e cercare di capire come siamo arrivati alla stesura della legge.

Il protocollo di Istanbul, ratificato dall’Italia, vincola tutti i paesi d’Europa a fare qualcosa per le discriminazioni sessiste nella società, non limitandosi all’inasprimento delle pene (tanto chi ci va in galera in Italia?) per chi si macchia di questi crimini (che per la maggior parte si dice non siano denunciati). Allora cosa hanno pensato i maestri della rieducazione, i correttori dei comportamenti socialmente sbagliati? Hanno pensato di agire sui registri implumi e imberbi dei nostri figli fin dalla loro più tenera età.

Fin dall’asilo asfaltare le loro percezioni e il loro vissuto quotidiano perseguendo l’eliminazione di stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla impropria “identità costretta” in ruoli già definiti delle persone in base al sesso di appartenenza.

Sono decine le domande ovvie che sorgono spontanee, così banali da sentirsi idioti a porle ad una senatrice, ma purtroppo alcune vanno fatte perché il nostro intento è quello di presentare la fallacità di questa legge insita proprio nella sua generica semplicità.

Ci si pone il dubbio che nel tentativo di eliminare lo stereotipo dell’uomo nerboruto che picchia la moglie e, tra un rutto e una grattata inguinale, la schiavizza mentre si guarda la partita alla televisione, si rischi di rimuovere l’archetipo che definisce essenzialmente l’uomo e la donna come tali. La rimozione di una forma così primitiva dell’idea di sé stessi è rischiosa, probabilmente destabilizzante per i bambini, che in alcune fasi dello sviluppo hanno di sicuro più bisogno di certezze che di dubbi.

Nel cercare di presentare questi argomenti ai titolati presidenti della seduta, mi sono trovato smarrito. Non avevo idea delle imposture che mi sarei trovato di fronte. E sì che ero stato avveritito: «è una senatrice, te se magna a colazione». Ma non ero pronto a quello che avrei provato nel misurarmi contro tanta malafede.

Per loro, noi siamo ideologici, non abbiamo motivazioni valide, la nostra è ignoranza mascherata da cultura che produce solo goffa e insignificante polemica. Noiosa da ascoltare e da liquidare con poche semplici battute. Il primo colpo sparato come risposta deve essere sempre mirato alla persona. Ridicolizzandola. In questo modo la platea connivente può far scattare l’applauso interiore per il colpo ben piazzato. Non importa se quello che viene detto è vero, l’importante e che venga detto come se fosse vero, con rimarcata sicurezza che falci l’interlocutore.

I colpi successivi devono essere demagogia, non devono necessariamente rispondere alla domanda, è sufficiente che si rimarchi un tema simile, che contenga più o meno le stesse parole della domanda, che contenga ovvietà inconfutabili e alle quali non si può dire no. In questo modo, in particolare nel mio caso, l’avventato interlocutore che si trova sotto questa gragnuola di colpi non è capace di comprendere se gli è stato risposto o meno ed è costretto, suo mal grado ad incassare e basta.

L’inganno è dietro ad ogni cosa non detta. Il problema non sono le cose condivisibili esplicitate, ma le menzogne nascoste, secretate nei conclavi privati dove queste idee vengono partorite. Ad ogni frase della senatrice vedevo la stanchezza e la svogliatezza di chi ripete sempre la stessa novellina per placare l’animosità dei contestatori.

Che ci hanno riempito di bugie ne è evidenza il fatto che, di fronte alle inaspettate critiche, si è reso necessario anche l’intervento della senatrice Mattesini. Amica della Fedeli e cofirmataria della legge, si è lanciata in uno spassionato elogio della cultura italiana, che è sempre stata capace di superare ogni discriminazione e che ha visto nel tempo fare grandi passi alla donna (tanto da ritrovarsi, lì in quel momento, con cinque donne e un solo uomo sulla cattedra, nella Sala dei Grandi di Arezzo).

Ma allora, c’è da domandarsi, se la nostra cultura è così avanti e così buona, che bisogno c’è di andare a pescare metodologie contorte e contestate da altri paesi, altre culture, solo per il fatto che “l’Europa ce lo impone”? A me questa frase sta decisamente antipatica, e più se ne riempivano la bocca e più io gli domandavo come mai si deve dare retta ad un’Europa che ci impone metodi che non funzionano.

Vogliamo salvare la donna e andiamo a pescare protocolli educativi di paesi dove si abbassa l’età alla quale le ragazzine accedono all’aborto, dove il numero dei suicidi tra gli adolescenti è tra i più alti al mondo e dove una donna su quattro denuncia molestie sessiste?

Io dopo due ore di quei brutti musi avevo solo bisogno di tanta bellezza, quindi sono corso a casa ad abbracciare la mia bellissima, stereotipatissima, sessistissima, munifica famiglia.

A quella sì voglio essere fedele.”

(articolo già pubblicato il 3 maggio su Quarantadue! )

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UNIONI CIVILI/MATRIMONIO GAY: LA CASSAZIONE RICATTA IL PARLAMENTO CON UNA SENTENZA EVERSIVA

“La Corte di Cassazione ha sfondato il muro che separa i poteri dello Stato emettendo una sentenza eversiva, contro la Costituzione e la sovranità popolare”. Lo afferma Filippo Savarese, portavoce dell’associazione pro-family La Manif Pour Tous Italia, commentando la decisione della Corte di Cassazione di far sopravvivere il matrimonio tra due coniugi dopo il cambio di sesso anagrafico di uno dei due, contrariamente a quanto prescritto dalla legge e dalla Corte Costituzionale.

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“Con la sentenza 170/2014 – continua Savarese – la Corte Costituzionale ha dichiarato che «la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi provoca lo scioglimento del matrimonio», perché lo Stato ha il diritto di proteggere il matrimonio come unione esclusiva tra uomo e donna. È stata dichiarata illegittima solo la mancata previsione – in eventuale sostituzione del matrimonio, comunque sciolto – di un’altra forma di protezione dei rapporti giuridici essenziali sorti tra gli ex-coniugi. La Consulta ha però specificato che rimediare a questo vulnus è un «compito del Parlamento», in quanto unico organo rappresentante della sovranità popolare.”

La Cassazione ha deciso di scavalcare il Parlamento e di mantenere in vita il matrimonio tra due persone dello stesso sesso anagrafico fino all’approvazione di questo statuto giuridico alternativo, che è chiaro essere quello delle unioni civili in discussione al Senato (ddl Cirinnà), che equipara le unioni omosessuali alla famiglia aprendo alle adozione gay e all’utero in affitto.

“Si tratta – conclude Savarese – di un inaudito ricatto al Parlamento: finché non si approvano le unioni civili è momentaneamente in vigore in Italia il matrimonio gay. E’ assolutamente antidemocratico”.

La Manif Pour Tous Italia denuncia pertanto il tentativo eversivo di parte della magistratura di indirizzare e costringere l’operato del Parlamento verso l’approvazione delle “unioni civili” e cioè di “matrimonio gay” mascherato, contro i principi più essenziali della Costituzione repubblicana e la volontà del popolo sovrano.

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ROMA. AGGREDITO RAGAZZO CON LA MAGLIETTA DE LA MANIF POUR TOUS ITALIA

Comunicato stampa                   Roma, 6 maggio 2015

Roma: vietato indossare la maglietta con il simbolo della famiglia. La Manif Pour Tous Italia denuncia aggressione

Maglietta squarciataIndossava una maglietta che raffigura la famiglia. Questa la ragione dell’aggressione di cui è stato vittima un ragazzo di Roma, il pomeriggio del primo maggio scorso. Durante un picnic in un parco in zona Tiburtina, il ragazzo è stato insultato e strattonato, a causa della sua t-shirt con il logo de La Manif Pour Tous che rappresenta una famiglia che si tiene per mano. A denunciare l’accaduto è La Manif Pour Tous Italia, associazione nata con lo scopo di “garantire la libertà di espressione, preservare l’unicità del matrimonio tra uomo e donna e il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà”. L’aggredito racconta di essere stato circondato da tre persone (due uomini e una donna ), apostrofato e poi spinto a terra. “Questa maglietta te la devi togliere. Sei un fascista, sei un antiabortista e un cattolico integralista”, gli hanno gridato contro. Al suo rifiuto, in presenza di testimoni, gli è stata squarciata la t-shirt con violenza. Secondo la vittima, l’autore del gesto ha affermato di essere “gay e anarchico” e di voler picchiare quanti indossano magliette con quel simbolo. La Manif Pour Tous Italia si dichiara profondamente scossa dalla brutale aggressione. “Difendere la famiglia oggi, significa rischiare violenti attacchi personali – afferma Jacopo Coghe, presidente de La Manif Pour Tous Italia -. Quanto accaduto a Roma è un fatto gravissimo, che testimonia la volontà di intimidire chi sostiene un’associazione pro-family come la nostra, che tra l’altro è apartitica e laica. Siamo nati per promuovere la libertà di opinione – conclude Coghe – e per questo minacce e prepotenze non riusciranno a chiuderci la bocca”.

Ufficio stampa La Manif Pour Tous Italia:
press@lamanifpourtous.it
Cell. 393 8182082

COSCIENZE

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LA LOBBY LGBT CHIEDE ALTRI 10 MILIONI PER TORNARE NELLE SCUOLE

Guai se il Governo rilanciasse la Strategia Nazionale Lgbt nelle scuole dei nostri figli per altri tre anni, ha già fatto abbastanza danni negli ultimi tre”. Lo afferma Filippo Savarese, portavoce dell’associazione pro-family La Manif Pour Tous Italia, dopo la proposta del movimento gay di rifinanziare fino al 2018 corsi e progetti sull’orientamento sessuale e l’identità di genere nelle scuole italiane.

La Strategia Nazionale Lgbt è un piano di interventi stilato nel 2013 da ventinove associazioni del movimento gay, finanziato con 10 milioni di euro per tre anni e adottato dal Ministero dell’Istruzione per introdurre nelle scuole progetti “contro la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere”.

“Secondo le statistiche – afferma Savarese – gli studenti che ogni anno riferiscono di aver subito discriminazioni per il loro orientamento sessuale sono circa il 4%. Un singolo caso è ovviamente già troppo, ma in realtà il movimento gay approfitta della presenza di alunni e studenti per propagandare la sua agenda politica su matrimonio, adozione e procreazione artificiale, che non c’entrano niente con l’omofobia. In questi tre anni le scuole sono diventate veri campi di rieducazione sessuale mentre le famiglie venivano tenute del tutto all’oscuro di queste attività”.

“Alle 17mila firme raccolte per il rilancio della Strategia Lgbt – conclude Savarese – noi rispondiamo con le 70.000 contro l’ideologia gender nelle scuole raccolte sul sito CitizenGo”.

LA MANIF POUR TOUS ITALIA

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UNIONI CIVILI: MANIF POUR TOUS ITALIA ANNUNCIA MOBILITAZIONE GENERALE

“L’esperienza internazionale certifica che le unioni civili sono solo il primo passo nella direzione della rottamazione del matrimonio, per ridefinire ideologicamente la realtà della famiglia e sradicare le figure del padre e della madre”. È quanto denuncia Filippo Savarese, portavoce de La Manif Pour Tous Italia, alla conferenza stampa di oggi al Senato. In occasione della prima approvazione in Commissione Giustizia del ddl Cirinnà che istituisce le “unioni civili tra persone dello stesso sesso” e disciplina le “convivenze di fatto”, La Manif Pour Tous Italia annuncia una mobilitazione generale dei suoi circa 50 circoli territoriali che porti ad iniziative di vasto e pubblico dissenso.

“Chiunque si illude di aprire una breccia nel diritto di famiglia e di arginare allo stesso tempo il fiume in piena che preme dall’altra parte del muro – continua Savarese – o non ha capito che aria tira in Occidente o è un ipocrita connivente. In ogni caso non gli lasceremo sfasciare un patrimonio antropologico che vogliamo consegnare intatto alle future generazioni per il loro maggior bene”.

 Lo stesso Matteo Renzi, aderendo al Family Day del 2007, ha detto che “non c’è bisogno di essere cattolici per difendere la famiglia”. Ed è proprio con questo scopo che è nata La Manif Pour Tous Italia, con l’intento di riunire cittadini di ogni provenienza sociale, culturale, politica e religiosa. “Matteo Renzi disse anche che il Governo Prodi non poteva ignorare la presenza in piazza di un milione di manifestanti contro i Dico – sostiene il portavoce Savarese -. Crede che sarebbero di meno contro il vero e proprio matrimonio gay a cui mira il ddl Cirinnà? Chiediamo a Renzi: rottami quello che frena l’Italia, ma non la famiglia che la sostiene!”.

 La Manif Pour Tous Italia ricorda che, richiamando l’esigenza di una legge, la Corte Costituzionale non ha imposto di riconoscere l’unione di fatto in sé, incidendo inevitabilmente sulla disciplina matrimoniale, ma di riconoscere i diritti individuali dei suoi componenti, cosa che la legislazione attuale in gran parte già fa. La Consulta ha smentito categoricamente che in tema di unioni omosessuali e famiglia sia da applicare il principio di uguaglianza, poiché, afferma la Corte, “le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio”, in virtù della “(potenziale) finalità procreativa” che caratterizza solo quest’ultimo (sent. 138/2010).

 Le unioni civili, secondo La Manif Pour Tous Italia, sarebbero un vero e proprio “Cavallo di Troia” del Partito Democratico per “smantellare il diritto di famiglia – fondato sull’unione tra un uomo e una donna naturalmente orientata all’accoglienza e alla cura della vita – e aprire anche in Italia quel grande mercato dei figli ad ogni costo tramite eterologa e utero in affitto, già praticato dove queste riforme sono in vigore da tempo. L’equiparazione sostanziale delle unioni civili al matrimonio (di fatto una vera e propria forma di matrimonio gay)  e l’attribuzione di “due padri” o “due madri” ai figli di uno dei due componenti dell’unione, introducono nell’ordinamento italiano il virus della teoria del gender. Questa ideologia, con l’assist di Tribunali e Corti nazionali e sovranazionali, infetterebbe in poco tempo l’intero sistema giuridico riferito alla famiglia e alla filiazione, come già accaduto in altri Stati dell’Unione Europea”.

 Per quanto riguarda la stepchild-adoption, l’adozione interna alla coppia, La Manif Pour Tous la definisce “inaccettabile”. “Chiunque deve poter esercitare in pace e libertà il pieno diritto di condividere con altri la propria esistenza, ma ciò non significa avallare quel mercato dell’umano che priva in modo inaccettabile una persona del diritto di crescere con suo padre e sua madre, come fa proprio il ddl Cirinnà. La legge già prevede gli strumenti perché un genitore possa legittimare terzi alla partecipazione nella vita dei propri figli – dalla scuola alla sanità – senza tuttavia mettere in dubbio che genitori di un figlio a pieno titolo legale possano essere contemporaneamente sempre e solo un uomo e una donna. Tutti i limiti che la legge pone al rapporto tra un adulto e i figli del proprio compagno dello stesso sesso non sono affatto un’ingiustizia, ma il frutto di una situazione viziata all’origine dalla volontà della coppia di privare i figli del padre o della madre”.

 L’avvocato Simone Pillon, consigliere nazionale del Forum delle Associazioni Familiari e membro della Commissione per le Adozioni Internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha rilevato come in realtà “le norme del ddl Cirinnà consentono ai giudici di superare agevolmente il limite della stepchild-adoption, permettendo a coppie di persone dello stesso sesso l’accesso a ogni ipotesi di adozione prevista dal nostro ordinamento e non solo quella del figlio del partner”. Pillon ha passato in rassegna le sentenze europee che confermano questa tendenza: “Anche l’Austria aveva posto il limite dell’adozione interna – afferma Pillon – ma la giurisprudenza della Corte di Strasburgo non consente soluzioni a metà, o tutto o niente, e le Corti austriache hanno dovuto aprire alle adozioni gay. È la sorte che toccherebbe all’Italia se il ddl Cirinnà fosse approvato”.

 Maria Cristina Maculan dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose ha denunciato il “totale degrado politico che da decenni riguarda la famiglia in Italia”. In particolare ha ricordato come secondo “i dati dell’Istat sulla povertà in Italia, le famiglie con almeno 3 figli in condizione di povertà relativa sono arrivate al 34,6%, mentre quelle in povertà assoluta sono arrivate all’8,3% con 3 figli, all’11,8% con 4 e al 22,1% con 5 o più”. Maculan invoca, in attuazione della Costituzione, una “riforma fiscale generale che tenga conto dei carichi familiari, la revisione dei sistemi tariffari, l’aumento degli Assegni Familiari, la revisione dell’ISEE, attualmente iniquo, e dei ticket sanitari per le famiglie numerose”. “Tra le soluzioni più urgenti – conclude Maculan – c’è quella che permetta alle donne di non rinunciare alla maternità e alla cura dei figli per l’impossibilità di conciliare con il lavoro quella loro ‘essenziale funzione familiare’ che la stessa Costituzione tutela all’art. 37”.

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