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CANDITATI ALLE EUROPEE CHE HANNO SOTTOSCRITTO IL NOSTRO MANIFESTO #RESETEUROPE

 Ecco la lista dei candidati italiani che hanno sottoscritto il Manifesto:

(la lista è aggiornata a mercoledì 21 maggio)

 

Giovanni Alemanno Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Alfredo Antoniozzi NCD-UDC
Paolo Bartolozzi Forza Italia
Sergio Berlato Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Francesco Biava Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Antonio Cancian NCD-UDC
Casini Carlo NCD-UDC
Marco Carraresi NCD-UDC
Lorenzo Cesa NCD-UDC
Luciano Ciocchetti Forza Italia
Marinella Colombo Scelta Europea
Lara Comi Forza Italia
Salvatore detto Sasso Dedda Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Carlo Fidanza Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Matteo Forte NCD-UDC
Pino Galluzzo Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Giuseppe Gargani NCD-UDC
Paolo Guzzanti Forza Italia
Giovanni La Via NCD-UDC
Maurizio Lupi NCD-UDC
Silvio Magliano NCD-UDC
Giorgia Meloni Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Filippo Piccone NCD-UDC
Pasquale Ricchiuti Io cambio – MAIE
Alessandro Rondoni NCD-UDC
Massimilano Salini NCD-UDC
Marco Scurria Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
Sergio Silvestris Forza Italia
Gabriele Toccafondi NCD-UDC
Simone Venturini NCD-UDC
Marco Zabotti Scelta Europea

 

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LA MANIF POUR TOUS ITALIA, MANIFESTO EUROPEO PER LA PROMOZIONE E DIFESA DI: VITA; FAMIGLIA E LIBERTA’

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In vista delle prossime elezioni europee, bisogna incoraggiare i parlamentari non solo a votare contro proposte inaccettabili, ma anche a lavorare attivamente a progetti e risoluzioni a favore della vita, della famiglia e della libertà religiosa ed educativa. Per questo, La Manif Pour Tous Italia  in collaborazione con la “Fondazione Novae Terrae ”e più di 30 altre ONG europee sta proponendo un Manifesto a tutti i candidati: chi adotta questo documento si impegna, se eletto, a difendere e promuovere nel proprio lavoro quotidiano al Parlamento Europeo i seguenti valori:

1- La dignità umana e il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, dando piena attuazione alla petizione popolare ‘Uno di noi’.

2- La famiglia fondata sull’unione di un uomo e una donna, con particolare attenzione alle giovani coppie e alle famiglie numerose.

3- Il rispetto della libertà di religione, il contrasto alle discriminazioni religiose, la libertà di pensiero e coscienza (anche in ambito medico e sanitario).

4- Il principio di sussidiarietà, il contrasto della povertà e dell’esclusione sociale, la giustizia sociale e la promozione dei giovani.

5- La libertà di educazione e i diritti dei genitori.

E’ necessario che questo Manifesto sia sottoscritto dal più alto numero possibile di cittadini europei, così da incoraggiare i candidati alle prossime elezioni ad adottarlo e a comportarsi coerentemente con esso una volta eletti. I nomi di tutti i candidati che aderiranno al Manifesto, da qui alle elezioni europee, saranno pubblicati sul sito de La Manif Pour Tous Italia (www.lamanifpourtous.it) così da permettere a tutti di conoscere i loro nomi e di tenerne liberamente conto in vista del voto.

Con questa iniziativa, speriamo di contribuire all’elezione di europarlamentari che hanno a cuore questi valori. E speriamo, grazie al loro lavoro quotidiano, di poter lanciare non solo campagne di opposizione a provvedimenti contrari alle nostre convinzioni, ma anche iniziative propositive in tema di vita, famiglia e libertà.

 

 

FIRMA LA PETIZIONE: http://www.citizengo.org/it/6440-ripartiamo-dai-valori

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Unar, la causa persa dell’Espresso. Le famiglie, prima del cardinale Bagnasco, rifiutano il gender a scuola.

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Un volenteroso articolo dell’Espresso denuncia la “censura preventiva” della chiesa ai danni dei famigerati libretti dell’Ufficio nazionaleantidiscriminazioni razziali contro l’omofobia a scuola. L’accusato è inparticolare il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, che qualche giorno fa ha dedicato all’iniziativa dell’Unar parole preoccupate. E più che fondate, visto che i libretti pretendono di “educare alla diversità”nelle scuole italiane affermando che “i tratti caratteriali, sociali eculturali, come il grado di religiosità, costituiscono fattori importantida tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo”. Ecco perché, di tutto l’argomentare del settimanale, è condivisibile solo la definizione “tragicomico” attribuita al caso. Solo che, a renderlo tale, è il modo in cui è stato gestito dal direttore dell’Una, Marco De Giorgi. Il quale ha allestito, senza concordare con iministeri competenti e senza coinvolgere associazioni che non fossero diprovata fede Lgbt, un’operazione che si traduce in aperta campagna didenigrazione (questa sì, dettata da vera e conclamata fobia) neiconfronti delle persone che professano una religione. Assai prima che ilpresidente della Cei ne parlasse pubblicamente, quei libretti erano stati sconfessati sia dal ministero per le Pari opportunità, nella persona dell’allora titolare Maria Cecilia Guerra, sia dal Miur, per bocca del sottosegretario Gabriele Toccafondi, rimasto in carica con il governo Renzi. Ma non sarebbe forse accaduto nulla se le associazioni riunite nelForum delle famiglie, i comitati Sì alla famiglia, le Sentinelle in piedi e la Manif pour tous Italia (gente comune, genitori e giovani, nonmercenari della Cei) non avessero denunciato un’operazione che vuole introdurre la teoria del gender nelle scuole italiane, dalle materne allesuperiori, usando l’ampio, confuso e strumentale cappello della lotta all’omofobia. L’Espresso se ne faccia una ragione: sono state le famigliea bocciare quei libretti ispirati al disprezzo anticattolico e antifamiglia, e sono loro a voler essere consultate quando in ballo c’è il diritto di educare i figli. Un diritto riconosciuto da tutte leconvenzioni internazionali ma, a quanto pare, non dall¹Unar.

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Lettera aperta de la Manif Pour Tous : “Signor Presidente, le famiglie vi chiedono solennemente di rinunciare alle vostre riforme sociali”

Thousands of demonstrators gather on the Champ de Mars near the Eiffel Tower in Paris

Un’appello di Ludovine de La Rochère, presidente della “Manif Pour tous” francese.

Signor presidente della Repubblica, il nostro paese attraversa una profonda crisi, una crisi economica con una disoccupazione da record e una crisi politica, con una notevole disaffezione dei nostri concittadini come lo conferma la sconfessa della vostra maggioranza come l’astensione massiva degli elettori, soprattutto nelle zone suburbane che in genere finora votavano a sinistra. Una crisi sociale di cui purtroppo dobbiamo rendere a Cesare – voi stesso – quel che Cesare ha lasciato fare, perché è un fatto che sotto la vostra presidenza per la prima volta, dopo la fondazione della Repubblica nel 1792, un tema sociale, ha dato motivo a un milione di francesi di scendere nelle piazze.Ed è evidente che i risultati delle elezioni amministrative sono la pesante risposta dei Francesi al disprezzo che Lei ha testimoniato nei loro confronti.

Dei cittadini di ogni orientamento si sono mobilitati per il rispetto della realtà umana uomo/donna e della filiazione padre/madre/bambino contro il cosiddetto “matrimonio per tutti”. Non l’hanno fatto per “professionismo della protesta”, né per ottenere “l’ennesima settimana di congedo pagato”: no, l’hanno fatto per il bene comune, un valore disinteressato. Hanno manifestato in particolare il 13 gennaio, il 24 marzo, il 26 maggio 2013 e il 2 febbraio 2014, per esprimere la loro inquietudine rispetto all’idea che si calpesti l’interesse superiore del bambino privandolo deliberatamente di un padre e di una madre; che non si antepongano i loro diritti e i loro bisogni alle rivendicazioni della lobby LGBT, ultraminoritaria, che non rappresenta l’insieme delle persone omosessuali che vivono in Francia; che si demolisca in pochi mesi la politica famigliare; che si lascino agire agenzie avide e senza scrupoli , sfruttando il desiderio d’un figlio… E’ inaccettabile!

Signor presidente della Repubblica; i vostri progetti di società elaborati da apprendisti stregoni, creando divisioni artificiali tra “eterosessuali” e “omosessuali” sono staccati dalla realtà e contrari alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino, dovenell’articolo IV si precisa che “la libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non limita la libertà altrui” e si contrappone alla Convenzione internazionale dei diritti del bambino, firmata dalla Francia, dove nell’articolo 7 si dichiara che “il bambino ha diritto di conoscere i suoi genitori e di essere educato da loro” e nell’articolo 9 che “gli Statimembri vigilano che il bambino non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà».

Noi siamo dei Francesi desiderosi di arrivare a fine mese, di aiutare i nostri figli a fare i loro compiti a casa la sera, di trasmettere loro come valore il rispetto delle persone elette che lavorano al bene comune. Con tutte le nostre forze, noi non aspiriamo altro che a essere tranquilli. Ma, con tutte le nostre forza, non cederemo su nulla che riguardi l’interesse superiore del bambino. NULLA! Il 3 febbraio scorso, il vostro Primo ministrosembrava aver compreso la determinazione delle famiglie esarcerbate dall’annuncio della revisione della legge sulla “famiglia” che aveva preparato, nel modo più oscuro possibile, Dominique Bertinotti. Ma i suoi ministri hanno poi accennato alla possibilità di far passare una per una le misure previste, al coperto. Così sono state promossi iprogetti di riduzione del congedo parentale, il divieto di part-time a meno di 24 mensili,l’individualizzazione delle tasse. La Signora Najat Vallaud-Belkacem e il Signor VincentPeillon hanno proseguito sulla via del cosiddetto « ABCD dell’eguaglianza» - in realtà« ABCD » del genere -, e la rieducazione dei nostri bambini « della più giovane età », come ha detto, per fargli entrare nella testa l’identità di genere. Qualunque siano le loro origini e le loro sensibilità tutto questo i Francesi lo ritengono insopportabile.

Signor presidente della Repubblica, le famiglie, che già sono spremute come un limone per via delle tasse, che già non si sentono amate dal governo, sono al momento terrorizzate per l’annuncio della soppressione del finanziamento autonomo dell’ente che gestisce i sussidi alle famiglie e riguardo al quale sono state lasciate sin qui all’oscuro. Come se nulla fosse successo, come se non aveste ascoltato i saggi consigli di un François Mitterrand che ha saputo ritirare i suo progetto di legge sulla scuola, voi avete fatto sapere che dopo le elezioni municipali ed europee, avreste proseguito dopo la legge Taubira, la generalizzazione dell « ABCD », il progetto della legge Bertinotti, il progetto Touraine.

Signor presidente della Repubblica, le famiglie non ne possono più di queste riforme sociali volute da pochi contro la maggioranza tranquilla della Francia. Le famiglie vi chiedono di occuparvi di disoccupazione, di potere d’acquisto, di riduzione del debito francese, di rilancio dell’economia. Quindi, nel vostro ruolo di arbitro delle istituzioni e di garante della pace civile, vi chiedono solennemente di rinunciare a riforme sociali che -i risultati delle elezioni municipali lo attestano- non rappresentano che una piccolissima minoranza di Francesi.

Signor presidente della Repubblica, rimaniamo molto vigili in merito alle prossime nomine, in particolare per ciò che concerne la famiglia e l’Educazione nazionale. Ogni nomina di persone a favore dell’ideologia del genere e/o della legalizzazione della fecondazione artificiale o della maternità surrogata (l’utero in affitto), saranno valutate dalle famiglie come una vera provocazione. Se non saremo ascoltati e se alle famiglie verranno ancora sbattuti in faccia progetti ideologici e contrari al bene comune,e con quanto disprezzo da parte dei vostri futuri ministri, allora saremo costretti di nuovo a scendere in strada per far fermare tutti questi progetti aberranti di società.

Signor presidente della Repubblica, non è un ultimatum, è un appello che proviene dal cuore delle famiglie. Lasciatele in pace. Lasciateci in pace.

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Omofobia, l’UNAR passa alle minacce

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Prove tecniche di arroganza burocratica tipica dei regimi totalitari. Questa volta è toccato all’ineffabile Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale (UNAR). Il suo solerte direttore, Marco De Giorgi, non ha evidentemente gradito – e lo si può umanamente comprendere – l’appello lanciato dalla Manif pour Tous Italia (http://citizengo.org/it/5190-dimissioni-direttore-unar-giorgi) e pubblicato da CitizenGo, per chiedere le sue dimissioni, a seguito della pasticciata e ben nota vicenda dei libretti “Educare alla Diversità” commissionati all’Istituto A.T. Beck dallo stesso UNAR.

De Giorgi, personalmente risentito per l’iniziativa a suo danno, ha pensato bene di impegnare il proprio Ufficio inoltrando a CitizenGo una missiva avente per oggetto «Comunicazione urgente ai sensi della direttiva 31/2000». Questo il testo (gli errori e i refusi sono nell’originale):

«Gentili Responsabile, Ho letto il testo della petizione su ‘direttore U.N.A.R.’ che contiene molte notizie erronee e infondate che riguardano il lavoro del mio Ufficio la cui missione consiste nel contrasto alla violenza e alle discriminazioni. Le affermaziono sono ai limiti della diffamazione e rigaurdano fatti che sono stati già oggetto di esame e di archiviazione da parte dei competenti uffici amministrativi. Essendo aberranti le notizie riportate, ne chiedo la immediata cancellazione ai sensi della normativa comunitaria e di recepimento della direttiva 31/2000 sulla responsabilita dei provider e di chi ospita le sezioni sul web Tale normativa prevede infatti che una responsabilità di codesta società scatti una volta pervenuta la presente segnalazione. Tanto si rappresenta ai conseguenti effetti di legge, con ogni riserva di azione legale».

Lo stile tradisce il coinvolgimento emotivo personale del direttore, ma non attenua la gravità dei toni. Stupisce, infatti, la genericità e l’indeterminatezza dei rilievi sollevati, anche perché lanciare imprecisati avvertimenti e vaghe allusioni minatorie non meglio specificate, appartiene ad un modus operandi di altro livello, che nulla ha a che vedere con il profilo istituzionale cui dovrebbe essere tenuto un ente governativo.

Visto che non ha voluto essere chiaro, proviamo noi a porre sette domande a Marco De Giorgi.

1. Forse il direttore dell’UNAR considera falsa, diffamante ed aberrante la notizia riportata – e non smentita – da diversi quotidiani il 15 febbraio 2014, secondo cui  il Sottosegretario per le Pari Opportunità Maria Cecilia Guerra, sconfessando l’operato dello stesso UNAR, ha affermato: «Di questa ricerca ignoravo addirittura l’esistenza»?

2. Forse il direttore dell’UNAR considera falsa, diffamante ed aberrante la notizia riportata dagli stessi quotidiani, secondo cui il Dipartimento delle Pari opportunità ha emanato «una nota formale di demerito allo stesso direttore dell’UNAR per la diffusione nelle scuole di materiale mai approvato, e addirittura mai conosciuto dagli organi competenti a disporne la relativa autorizzazione»?

3. Forse il direttore dell’UNAR considera falsa, diffamante ed aberrante la notizia riportata sempre dagli stessi quotidiani secondo cui il  Viceministro Guerra ha lamentato «l’abusivo utilizzo del logo della Presidenza del Consiglio – Pari Opportunità», e l’assoluta mancanza di una specifica informazione al riguardo?

4. Forse il direttore dell’UNAR considera false, diffamanti ed aberranti le parole pubblicamente espresse dal Sottosegretario Cecilia Guerra, secondo cui «una materia così sensibile richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio, poiché questa attenzione, quando si parla a nome delle istituzioni, ricade nella responsabilità delle autorità politiche, che devono però essere messe nella condizione di esercitarla!», non essendo «accettabile che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Ministero dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università»?

5. Forse il direttore dell’UNAR considera falso, diffamante ed aberrante il giudizio pubblico espresso da un altro Sottosegretario, quello all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, il quale ha dichiarato grave «Il fatto che gli opuscoli sulla diversità siano stati redatti dall’UNAR e diffusi nelle scuole senza l’approvazione del Dipartimento Pari Opportunità da cui dipende, e senza che il Ministero dell’Istruzione ne sapesse niente», invitando «chi dirige UNAR a trarne le conseguenze»? Se così fosse, De Giorgi avrebbe dovuto rivolgersi direttamente agli onorevoli Cecilia Guerra e Gabriele Toccafondi, e non a CitizenGo e La Manif pour tous, anche se comprendiamo come nei confronti di questi ultimi sia più facile lanciare minacce.

6. Forse il direttore dell’UNAR considera falso, diffamante ed aberrante il contenuto della interpellanza parlamentare inoltrata dai senatori Carlo Giovanardi, Maurizio Sacconi, Roberto Formigoni, Luigi Compagna, Federica Chiavaroli e Laura Bianconi sulla vicenda degli opuscoli “Educare alla diversità”, in cui è stato censurato il fatto che l’UNAR si fosse «avvalso della collaborazione dell’Istituto Beck, il cui sito, nella parte che riguarda l’omofobia, contiene pesanti giudizi sulla religione cattolica e sul ruolo educativo della Chiesa nella società», e il fatto che «tali giudizi o meglio pregiudizi» fossero stati «inseriti nei tre opuscoli con l’ennesima inaccettabile critica al ruolo educativo della famiglia, e della morale cristiana, confondendo la lotta all’omofobia con inaccettabili ed offensivi apprezzamenti negativi sul ruolo di istituti fondamentali nella storia e nella cultura del nostro Paese»?

7. Forse il direttore dell’UNAR considera falso, diffamante ed aberrante il fatto che nella citata interpellanza sia stato richiesto «per quali motivi l’UNAR avesse scelto come consulente proprio l’Istituto Beck la cui scuola di pensiero è clamorosamente di parte», e «quali iniziative intendesse intraprendere per bloccare la distribuzione di questo materiale nelle scuole»? Beh, ma se così fosse, perché De Giorgi non se la prende con i senatori Giovanardi, Sacconi, Formigoni, Compagna, Chiavaroli e Bianconi, anziché minacciare CitizenGo e La Manif pour tous? Domanda ovviamente retorica, la cui risposta non necessita spiegazioni ad una mente di media intelligenza.

Il punto, invece, seriamente inquietante è capire quale idea abbia Marco De Giorgi della libertà, ed in particolare della libertà religiosa. Giacché siamo convinti che egli abbia almeno letto gli opuscoli “Educare alla diversità”, il cui contenuto rivendica con orgoglio, passione e zelo, spieghi a noi profani della discriminazione alcuni passaggi che ci risultano alquanto preoccupanti. Mi riferisco, in particolare, al passo in cui testualmente si afferma che «i tratti caratteriali, sociali e culturali, come il grado di religiosità, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo», e che «appare evidente come maggiore risulta il grado di cieca credenza nei precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità che un individuo abbia un’attitudine omofoba».

Ci spieghi, poi, cosa significa che «l’omofobia continua a essere rinforzata nell’interazione quotidiana con altri individui omofobi, nella ricezione costante di messaggi omofobi, subliminali o espliciti, da parte di istituzioni o e organizzazioni religiose». Ci spieghi, ancora, il significato di questa precisazione contenuta nei libretti: «Per essere più chiari, vi è un modello omofobo di tipo religioso, che considera l’omosessualità un peccato».

E ci dica se lui è davvero personalmente convinto di dover condannare il catechismo della Chiesa cattolica sostenendo quanto scritto negli opuscoli, ovvero che «un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa secondo cui il sesso vada fatto solo per avere bambini», può determinare la considerazione omofoba per cui «tutte le altre forme di sesso, non finalizzate alla procreazione, sono da ritenersi sbagliate».

Se questa è l’idea di omofobia che ha il direttore dell’UNAR c’è davvero di che essere allarmati. Soprattutto nella malaugurata ipotesi in cui, attraverso l’approvazione del disegno di legge Scalfarotto attualmente in discussione al Senato, si dovesse estendere agli omofobi l’applicazione della Legge Reale Mancino.

Siamo anche molto preoccupati per sua eminenza il cardinale Angelo Bagnasco, reo di aver contestato il lavoro di cui De Giorgi va tanto fiero. Nella sua recentissima e magistrale prolusione, infatti, il porporato ha trovato il coraggio di affermare al punto 6: «In questa logica distorta e ideologica, si innesta la recente iniziativa – variamente attribuita – di tre volumetti dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte. È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga». Neppure quella dell’UNAR, con buona pace di De Giorgi.

P.S. Un consiglio sincero, anche se non richiesto, al Direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale: sia più prudente, riflessivo e pacato nelle esternazioni ufficiali, soprattutto quando parla a nome dell’ente che rappresenta, altrimenti rischia di confermare lo spietato giudizio che un grande giornalista come Piero Ostellino gli ha affibbiato dalle colonne del Corriere della Sera il 4 gennaio 2014 con il noto editoriale intitolato: “Il burocrate ignora il senso del ridicolo”.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

 

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Gender a scuola, ecco quelli che non ci stanno

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Negli opuscoli si sostiene, tra le altre perle, che “i tratti caratteriali, sociali e culturali, come il grado di religiosità, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo”; mentre, tra i consigli agli insegnanti di scuola elementare, c’è quello di non alludere mai al fatto  “che un bambino da grande si innamorerà di una donna”.  Niente di strano, quindi, se associazioni come la Manif pour tous Italia, che riuniscono genitori determinati a non consegnare i propri figli ai campi di rieducazione del Minculpop Lgbt, hanno deciso di lanciare una raccolta di firme per chiedere le dimissioni del direttore dell’Unar, Marco De Giorgi. Il quale, risentito, ha scritto una letteraccia a CitizenGo, un sito che ha rilanciato l’appello de La Manif Pour Tous Italia, chiedendone “l’immediata cancellazione”. Rimane il fatto che la diffusione dei libretti è stata per ora sospesa. Segno che il problema c’è, grande come una casa, e che la vicenda non è affatto chiarita, soprattutto sul punto delle competenze dell’Unar e dei poteri del suo direttore. Nuova puntata del giallo dell’anno: chi ha autorizzato l’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali diretto da Marco De Giorgi, a commissionare (a spese dei contribuenti) e a diffondere tra gli insegnanti di ogni ordine e grado i tre opuscoli intitolati “Educare alla diversità a scuola”? Da quei rozzi prodotti dell’ideologia del gender travestiti da strumenti di lotta all’omofobia, si sono dissociati più volte i due ministeri interessati alla faccenda, nelle persone dell’ex sottosegretario alle Pari opportunità, Maria Cecilia Guerra, e di Gabriele Toccafondi, tuttora sottosegretario del Miur. Non eravamo nemmeno stati informati, hanno ripetuto in più occasioni.

Non ha però ancora avuto risposta l’interpellanza con cui i senatori Carlo Giovanardi, Maurizio Sacconi, Roberto Formigoni, Luigi Compagna, Federica Chiavaroli e Laura Bianconi hanno chiesto al governo lumi sulla genesi dell’iniziativa “Educare alla diversità”. Mentre una risposta è stata data all’ennesima interpellanza presentata alla Camera sul caso Unar. L’hanno sottoscritta una cinquantina di deputati di diverse formazioni politiche, e vi si chiede, hanno spiegato in una conferenza  stampa i deputati Alessandro Pagano ed Eugenia Roccella, quale sia il ruolo e la competenza dell’Unar che, senza essere stato mai autorizzato “né dal ministero dell’Istruzione, né dal ministero delle Politiche sociali, è entrato nelle scuole, anche primarie, promuovendo la cosiddetta ‘ideologia del gender’, tramite progetti educativi extracurricolari e piani formativi realizzati ad hoc, senza alcun coinvolgimento o assenso dei genitori che, secondo la Costituzione, sono titolari della piena responsabilità educativa dei figli”. La risposta del governo ha confermato solo quel che si sapeva già: dall’operazione “Educare alla diversità”, concepita per le scuole, sono state arbitrariamente escluse le associazioni famigliari, in barba a quanto lo stesso Miur prescrive in tema di coinvolgimento dei docenti e delle famiglie: le 29 associazioni selezionate per contribuire al progetto, appartengono tutte al mondo Lgbt. Ieri è stata anche presentata una proposta di legge, a prima firma Roccella, sulla libertà di educazione nelle scuole e sulla condivisione del progetto educativo tra scuola e famiglia, perché i genitori non debbano trovarsi nuovamente di fronte a sgradevoli fatti compiuti. Sembrava ovvio, non lo è più.

© – FOGLIO QUOTIDIANO

di Nicoletta Tiliacos

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TUTTI I BAMBINI HANNO IL DIRTTO AD AVERE UNA MAMMA ED UN PAPA’

TUTTI I BAMBINI HANNO IL DIRTTO AD AVERE UNA MAMMA ED UN PAPA
Storia di Manuel, cresciuto da un padre gay
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Pubblichiamo una lettera di Manuel Half:

“Mi chiamo Manuel e ho 17 anni. Fino a qualche mese fa credevo di “essere un gay”che detestava suo “padre gay”. La mia storia è un po’ complicata anche solo da raccontare e non esclusivamente per motivi di riservatezza ma anche per questioni connesse alla sicurezza mia e di mio padre. Per questi motivi sono costretto all’anonimato. Mi limito a raccontarvi brevemente ciò che è raccontabile. La persona che mi ha avuto nella pancia per nove mesi non so chi sia ma ne conosco la nazionalità. Mio padre è omosessuale e ha lottato con tutte le sue forze per avermi, al punto di aver rotto, tutti i suoi legami di parentela circa 17 anni fa. Ho viaggiato molto a causa degli interessi e delle attività di mio padre. Da qualche mese siamo fermi in Italia soprattutto per ragioni di salute. Mio padre mi ha cresciuto nell’ossessione che io non avessi mai il dubbio di non essere eterosessuale e fin da piccolo mi inculcava tutti quegli stereotipi “da maschio” che in pubblico ha sempre ridicolizzato: dalla scelta dello sport, al modo di abbigliarmi, all’atteggiamento in pubblico. Non sono mai stato troppo libero nelle relazioni con le altre persone e, oltre a ciò che si poteva dire o non si poteva dire, sono stato alquanto“controllato” in tutto ciò che facevo e dicevo. Le condizioni economiche hanno permesso che non mi mancasse mai nulla dal punto di vista materiale, anzi. Il rapporto con mio padre, un pò a causa delle sua ossessione verso di me, un pò perchè la pressione di non deluderlo non è sempre stato facile da sopportare, non è mai stato un granchè e ultimamente stava peggiorando. Per il resto io non ho mai avuto bisogno di “fiabe gay” perchè ci sono dalla nascita in una fiaba gay.

Poi qualche mese fa qualcosa è cambiato, è come se quella corazza di supervisione di mio padre sulla mia vita si stesse sgretolando. Ho iniziato a mettere il naso fuori dalla fiaba e mi sono scontrato con la realtà. E la realtà è che anche io ho dei sentimenti. E’ difficile spiegare ad altre persone i sentimenti che si provano. E’ come se io avessi sviluppato dentro di me un antidoto ai sentimenti ed avessi imparato a rimanere freddo e impassibile di fronte a qualsiasi cosa. Mi succede spesso anche ora, che mi chiudo appena qualcuno viene verso di me. E’ successo che mi è crollato addosso il mondo intero quando ho conosciuto la morale della fiaba che stavo vivendo. Mi sono sentito sfruttato. Mi sono sentito umiliato. E questi per me erano sentimenti, emozioni che volevano uscire a tutti i costi, era un rancore che non si poteva raccontare, perchè era fare del male a mio padre. Come avrei potuto essere la causa di un dolore così grande per mio padre? Come quando mi chiedeva “sei sereno?”, “mi vuoi bene?” e mi usciva sempre un “si” invece della rabbia di un “no!”. In questi anni a volte ho sfogato la mia collera contro me stesso, perchè ero un figlio cattivo, non ero quel figlio che mio padre credeva di tirare su. E me ne facevo una colpa. Mi facevo la colpa di essere il fallimento di mio padre, in carne ed ossa. La fiaba non finiva come l’aveva immaginata lui: il principe azzurro per lui non è mai arrivato e cappuccetto rosso ha scoperto che la strega non era così cattiva. Mio padre mi ha sempre insegnato che un genitore non è chi ti genera ma chi ti ama, mi ha insegnato che è falso sostenere che un bambino ha bisogno di una mamma, mi ha insegnato che quello che conta è l’amore e non il sesso del genitore: è quì il punto!

Il punto non è se una qualsiasi persona, etero o gay, possa o meno essere un bravo genitore perchè non esiste il bravo genitore. Ogni anno sono circa 1.200 i bambini dichiarati in stato di abbandono adottabili in Italia che per la maggior parte vivono in case-famiglia (grazie alla legge 184 anche se non ancora completamente attuata) e 50 mila sono le famiglie dichiarate abili all’adozione. Questi bambini vivono come in delle grandi famiglie, con tanti bambini, operatori che li seguono da vicino e cercano di dargli tutto l’amore possibile. Eppure la casa-famiglia, dice la legge, deve essere considerata una esperienza di passaggio perché l’obiettivo è trovare una famiglia adatta che possa accogliere le esigenze del bambino. Perchè l’amore è importante (le cure e l’affetto di cui un bambino ha bisogno) ma non è tutto. C’è qualcosa di più importante del nutrimento o del gioco, qualcosa che viene prima. Quello di cui ha veramente bisogno il bambino è che il suo mondo esteriore cresca insieme al suo mondo interiore, che non è fatto solo di affettività ma anche di sapere chi è lui in relazione e in rapporto al mondo. Relazione e rapporto si imparano dalla mamma e dal papà. Il bambino apprende soprattutto dall’osservazione delle relazioni e dei rapporti che accadono intorno a lui. E nella famiglia, col papà e con la mamma, impara tutto ciò di cui avrà bisogno nella vita, è un laboratorio, un specchio della vita. La mancanza di un papà o di una mamma è un’eccezione abbastanza rara. La stragrande maggioranza delle volte il figlio sopravvive ai genitori e quando ciò non accade (per morte o separazione) il bambino ne soffre.

I bambini da un lato sono molto fragili e hanno bisogno delle cure più attente da parte degli adulti. Dall’altro hanno una capacità d’adattamento praticamente infinita e cercheranno di adattarsi alla mancanza di un padre, di una madre o di entrambi i genitori. Sostenere che per un bambino avere un padre o non averlo, avere una madre o non averla sono la stessa cosa significa che c’è qualcosa dietro, di diverso dal bene ultimo del bambino. Significa che viene anteposto qualcos’altro allo sviluppo psichico più facile e adatto al bambino. Il bambino si adatterà inconsciamente alla mancanza di una madre o di un padre. Ma costringerlo ad adattarsi a causa del desiderio di paternità o maternità di un adulto io non lo chiamo amore. Per questi motivi oggi mi sento impegnato, con tutti i miei limiti, in una battaglia di verità al fianco di tante persone che ho conosciuto in questi mesi: omosessuali, eterosessuali, religiosi o atei. La battaglia contro l’ideologia del gender, contro i matrimoni gay e per la difesa del diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre. Oggi amo mio padre perchè ho capito che anche lui è caduto nella trappola Lgbt, che ci vorrebbe tutti identici a spese dei più deboli.

Manuel

 

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FERMATA L’IDEOLOGIA DEL GENDER ALLA REGIONE LAZIO

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La legge sulla violenza contro le donne è stata approvata nella tarda serata del 5 marzo, ma non era più la pl 33, intrisa di ideologia di gender, bensì una legge esplicita solo sul tema della violenza contro le donne!

Alla fina, la”maratona” di emendamenti, ha sortito il suo effetto.

Il fatto che siano stati accolti quegli emendamenti, finalizzati ad eliminare i termini che rimandavano alla teoria del gender, ha consentito di liberare la legge dalla malcelata ideologia che surrettiziamente apriva al mondo Lgbt.

Sono stati inoltre accolti gli emendamenti che estendevano la collaborazione con tutto l’associazionismo di volontariato e non solo con le associazioni delle donne (così come prevedeva il testo base).

Sono stati anche approvati gli emendamenti che eliminavano l’attribuzione della violenza solo agli uomini (come prevedeva il testo base), evitando così una legge “sessista” e discriminatoria al contrario.

E’ stata una battaglia durissima basata su un confronto serrato, a volte anche duro e non c’è dubbio che,se non fosse stato “stanato” da subito questo tentativo, oggi il Consiglio regionale del Lazio avrebbe approvato una legge ben diversa: una legge che sfruttando il drammatico tema della violenza sulle donne, in realtà avrebbe aperto una ferita antropologica e culturale profondissima.

Una battaglia è vinta, ma non c’è dubbio che è solo l’inizio, vista l’incertezza, le divisioni, il disorientamento della maggioranza quando si sono trovati a decidere se approvare o respingere l’odg dei 5 stelle che apriva al mondo Lgbt: molte sono le spinte interne alla maggioranza che l’avrebbero voluto approvare, ma, dopo essersi sperticati a rassicurarci che non avevano intenzioni ideologiche, si sono resi conto che approvarlo sarebbe stato, almeno in quel momento, un autogol.

Riassumendo:

1.     Importante vittoria culturale prima che politica

2.     Dopo il titolo e il primo articolo la maggioranza sì è resa conto che era stata smascherata e che doveva cedere alla maratona che gli stavo imponendo

3.     La legge è di fatto stata stravolta, essendone stati cancellati i riferimenti alla teoria del gender

4.     I 5 stelle hanno espresso voto finale contrario proprio perché non ritrovavano più nel testo quei riferimenti che rappresentavano un’apertura al mondo LGBT.

5.     E’ stato respinto l’odg, che era stato preparato proprio sul testo originario della pl 33 e che chiedeva esplicitamente iniziative tese al riconoscimento Lgbt

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Mario Adinolfi “Voglio la mamma” DA SINISTRA CONTRO I FALSI MITI DI PROGRESSO

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Chi è Mario Adinolfi?
Sono il papà di Livia e Clara, ho 42 anni, da più di vent’anni faccio il giornalista e lo scrittore, con più di qualche incursione nella conduzione e nell’opinionismo radiotelevisivi. Sono juventino, il mio primo matrimonio è fallito: gioie e dolori, insomma, Il secondo con Silvia procede bene. Ho appena dato alle stampe il mio ultimo libro che si intitola “Voglio la mamma”. Sono stato tra i fondatori del Partito democratico, candidato segretario nazionale alle primarie del 2007 e parlamentare nella scorsa legislatura.

Perché un intellettuale laico del terzo millennio è contrario ai matrimoni gay?
Nel secondo capitolo di “Voglio la mamma” spiego, credo con una qualche efficacia, perché sono contro il matrimonio omosessuale. Il discorso è piuttosto complesso e per questo faccio riferimento al testo esteso che ho racchiuso nel volume, perché in un’intervista si rischia di essere superficiali, mentre il tema è molto delicato. Riguarda le conseguenze, a mio avviso nefaste per la tenuta stessa del tessuto sociale, che comporterebbe la modifica della ratio millenaria del vincolo matrimoniale tra un uomo e una donna. La prima conseguenza, forse la più devastante, porta verso l’abolizione della figura materna come elemento naturale vitale per la crescita di un bambino. Poi, ovviamente, in termini logici non si potrebbe contestare a quel punto in alcun modo rivendicazioni folli come la legalizzazione di poligamia e poliandria. Con il collasso probabile anche delle strutture di welfare come oggi le immaginiamo in Italia, in particolare in ambito previdenziale. Poi c’è il discorso della gestazione per altri, più comunemente chiamata utero in affitto. Insomma, le conseguenze dal mio punto di vista pericolosissime sono molte. Vanno approfondite e spiegate, con la massima delicatezza e il massimo rispetto nei confronti delle persone omosessuali. Il terreno è scivoloso.
Cosa pensa della teoria del Gender?
Molti dei 15 capitoli di “Voglio la mamma” sono scritti per contestare in radice la teoria del gender. Veramente in questo caso non posso che rinviare alla lettura del libro, che tra l’altro è molto agile, una sorta di bignami di argomenti, dati, link di approfondimento: un testo poco voluminoso, da portare sempre in tasca perché almeno nel mio caso non passa giorno senza che non debba scontrarmi in confronti dialettici su questi temi spinosi. E io ho voluto racchiudere in un unico volumetto tutte le risposte che mi venivano in mente a una serie di obiezioni modaiole e irrazionali che mi venivano mosse. Spero che questo sforzo sia utile a molti che si trovano nella stessa condizione e hanno lo stesso impianto di opinioni su cui mi muovo io.
In base ai valori in gioco, si può parlare di “battaglia di civiltà”?
E’ una battaglia culturale importante, forse decisiva. Si scontrano diverse visioni del mondo e dell’uomo, certo estremamente contrastanti. Noi abbiamo la ragione dalla nostra parte, come oppositori abbiamo sostenitori di idee caotiche e fondamentalmente irrazionali.
Perché secondo lei questo “problema” esce fuori proprio adesso?
Perché il tessuto sociale è in preda a un complessivo scardinamento e perché ci sono forze sociali e culturali che puntano a ottenere potere attraverso questo percorso. Bisogna opporsi con molta forza e fare quadrato, perché la partita è insieme decisiva e molto difficile. Noi navighiamo controvento.
Come finirà secondo lei lo scontro in atto fra queste due visioni antropologiche?
Credo che prevarremo. Non posso pensare all’irrazionalità che trionfa.

© Redazione – La Manif Pour Tous Italia

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Per la libertà di opinione.